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Quando si può disdire un contratto di locazione commerciale?

27 Aprile 2023
Quando si può disdire un contratto di locazione commerciale?
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Proprietario e inquilino possono interrompere anticipatamente l’affitto solo a determinate circostanze. Quando deve essere pagata l’indennità.

Con la locazione commerciale viene concesso in godimento all’inquilino, per una durata determinata, un immobile da destinare ad attività economiche sia di impresa sia di lavoro autonomo. Di norma, il rapporto tra proprietario e conduttore non può durare meno di sei anni: secondo la legge, infatti, la clausola che determina una durata inferiore (ma solo la clausola, non l’intero contratto) è nulla. Che succede, però, se una delle parti ha l’esigenza di sciogliere in anticipo questo vincolo? Quando si può disdire un contratto di locazione commerciale?

In termini generali, le cause di cessazione dell’affitto di un locale commerciale non sono diverse da quelle previste per la locazione abitativa. Tuttavia, il proprietario che dà la disdetta può essere tenuto a pagare all’inquilino delle indennità per la perdita dell’avviamento. In pratica, il negoziante che si trova anzitempo senza un locale in cui esercitare la propria attività subisce un danno che, in certe circostanze, deve essere riconosciuto dal locatore.

Indice

Quando può dare a disdetta il proprietario?
Quando può dare la disdetta l’inquilino?

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Quando può dare a disdetta il proprietario?

Si può disdire una locazione commerciale senza essere tenuti a pagare all’inquilino l’indennità per la perdita di avviamento nei seguenti casi:

la locazione cessa per colpa del conduttore (ad esempio, per mancato pagamento del canone o perché vuole trasferire altrove la sua attività);
il conduttore non restituisce l’immobile e vi rimane dopo la scadenza del contratto, pur rispettando la data fissata nel provvedimento di rilascio;
l’immobile è complementare o interno ad alberghi e villaggi turistici, stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio stradali o autostradali;
il conduttore è privo delle autorizzazioni amministrative necessarie per l’esercizio delle attività commerciali effettivamente svolte;
nell’immobile in cui è cessata la locazione si esercita un’attività professionale (ad esempio, avvocato o medico) o che non comporta contatti diretti con il pubblico (ad esempio locale in cui viene esercitata vendita all’ingrosso) oppure di natura transitoria.

Non si può disdire un contratto di locazione commerciale oppure si può disdire ma pagando all’inquilino la dovuta indennità:

indipendentemente da qualsiasi accertamento relativo alla perdita e al danno concretamente derivante dal rilascio, con la conseguenza che essa spetta anche se il conduttore continua ad esercitare la stessa attività in un altro locale dello stesso immobile;
anche nel caso in cui svolga un’attività rivolta ad altri imprenditori commerciali che acquistano i beni o i servizi per destinarli all’esercizio della loro attività d’impresa.

L’indennità è dovuta anche se, dopo la disdetta o il recesso, l’inquilino cessa di svolgere la sua attività.

Se il conduttore non accetta il rinnovo del contratto al doppio del canone di locazione e di cauzione, il contratto di locazione cessa non per fatto del conduttore, il quale perciò mantiene il diritto all’indennità per perdita dell’avviamento.

L’importo dell’indennità è fissato il 18 mensilità dell’ultimo canone di locazione corrisposto.

Nel caso in cui, prima che sia decorso un anno dalla cessazione del contratto di locazione, il locatore o un terzo riutilizzi l’immobile per esercitare la stessa attività o un’attività affine a quella già svolta dal conduttore, il proprietario deve pagare all’inquilino un’ulteriore indennità a titolo di risarcimento di importo uguale a quella per la perdita dell’avviamento.
Quando può dare la disdetta l’inquilino?

Il conduttore può disdire un contratto di locazione commerciale se ricorrono gravi motivi oppure nei casi previsti dal contratto di locazione. È però facoltà delle parti prevedere nel contratto che l’inquilino possa recedere in qualunque momento dando un preavviso di almeno sei mesi al locatore.

Se il conduttore fallisce, il curatore del suo fallimento può decidere di recedere dal contratto.

Per gravi motivi s’intendono fatti estranei alla volontà del conduttore, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, tali da rendere gravosa la sua prosecuzione. Ad esempio, costituisce grave motivo:

una situazione economica sopravvenuta e oggettivamente imprevedibile al momento della stipulazione che obbliga il conduttore ad ampliare o ridurre la struttura aziendale;
la mancata realizzazione di un preannunciato piano di sviluppo edilizio della zona con effetti negativi sulle prospettive commerciali su cui il conduttore aveva fatto affidamento nel momento della stipulazione della locazione dell’immobile.

L’accertamento dei motivi spetta al giudice di merito.

Non sono invece gravi motivi:

l’onerosità dei costi di produzione dell’impresa esercitata dal conduttore, prevalentemente determinati dai mancati pagamenti da parte della clientela;
le ragioni di mera convenienza economica come, ad esempio, il fatto che il conduttore sia in grado di trovare altri immobili a prezzi migliori;
il diniego di autorizzazione amministrativa per esercitare nell’immobile una determinata attività se, già al momento della stipulazione del contratto non sussistevano i presupposti di fatto e di diritto per conseguire detta autorizzazione;
lo stato di crisi della società del conduttore causato dall’errata previsione dei volumi di affari;
la perdita economica, per il terzo anno consecutivo, subita da un centro commerciale: i mancati introiti già in atto da diversi anni, non rappresentano quegli avvenimenti imprevedibili ed estranei alla volontà del conduttore che rendono oggettivamente gravosa la prosecuzione del rapporto di locazione.

 

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Visto su: La legge per tutti

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