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Documenti da allegare al compromesso

29 Dicembre 2021
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Certificato di conformità urbanistica, agibilità e Attestato di prestazione energetica: cosa fornire alla stipula del contratto preliminare.

Quali sono i documenti da allegare al compromesso? Come noto, il compromesso – più precisamente chiamato «contratto preliminare» – è un atto che non trasferisce la proprietà dell’immobile ma obbliga le parti firmatarie a presentarsi, in un momento successivo (prestabilito nel compromesso stesso), dinanzi al notaio per la stipula del contratto di compravendita vero e proprio (il rogito). Solo quest’ultimo determinerà il trasferimento della titolarità del bene.

Questo “spazio cuscinetto” che va tra la stipula del preliminare al rogito serve per consentire sia al venditore che all’acquirente di bloccare l’affare e, nel frattempo, provvedere a tutte le incombenze che il trasferimento immobiliare implica (trasloco, richiesta mutuo, ricerca di un’abitazione sostitutiva, ecc.).

Il compromesso può essere stipulato con una semplice scrittura privata, senza quindi l’assistenza di un notaio (salvo nel caso di immobili ancora in corso di costruzione). Proprio questo aspetto però potrebbe comportare qualche incertezza in merito agli adempimenti da svolgere. Le parti cioè potrebbero non sapere quali sono i documenti da allegare al compromesso. Li indicheremo pertanto qui di seguito.

Indice

1 Contenuto del contratto preliminare
2 L’atto di provenienza
3 La certificazione ipocatastale
4 La planimetria
5 Certificato di agibilità
6 Ape
7 Al compromesso va allegato il certificato di conformità urbanistica?

Contenuto del contratto preliminare

Il contratto preliminare (compromesso) deve indicare necessariamente

i dati delle parti;
l’immobile oggetto della futura vendita con le eventuali pertinenze (ad es. la cantina, il garage);
il diritto che viene trasferito (proprietà, usufrutto, superficie, ecc.);
il prezzo;
il termine entro il quale deve essere stipulato il contratto definitivo.

L’atto di provenienza

Il venditore deve allegare, al compromesso, la documentazione che dimostri la sua titolarità del bene, ossia il cosiddetto atto di provenienza. L’atto di provenienza è l’atto pubblico in forza del quale il venditore ha acquistato la proprietà dell’immobile: ad esempio, un atto di compravendita, una donazione, una successione ereditaria, la sentenza di un giudice.
La certificazione ipocatastale

Al compromesso va allegata poi la documentazione necessaria a dimostrare la libertà del bene da vincoli e pesi: bisogna cioè fornire la prova che sull’immobile non vi siano ipoteche, pignoramenti, cause in corso per la rivendicazione della proprietà (ad esempio, una contesa tra eredi, una richiesta di usucapione e così via). Tale documentazione viene fornita tramite i certificati dei registri immobiliari. Sarà quindi sufficiente allegare la certificazione ipocatastale.
La planimetria

Abbiamo detto che il compromesso deve contenere la descrizione dell’immobile in modo che questo sia identificabile senza equivoci. Possono invece essere omessi alcuni riferimenti identificativi che devono risultare nel definitivo.

Ad esempio, conviene sempre indicare l’ubicazione dell’immobile (Comune e indirizzo), la consistenza (in caso di appartamenti in condominio anche il piano, il numero dell’interno, l’accesso, il numero di locali, ecc.) nonché i confini con le altre proprietà.

Nel caso di fabbricati, è opportuno inserire nel contratto anche i dati catastali e allegare una planimetria, sottoscritta dalle parti [1], in cui è rappresentato graficamente l’immobile con i suoi confini.

In assenza dei dati catastali o di altri elementi distintivi, il preliminare è valido solo se l’immobile è chiaramente individuabile. Diversamente, il preliminare è nullo.
Certificato di agibilità

Il certificato di agibilità ha sostituito la vecchia abitabilità. La mancata consegna al compratore, in sede di compromesso, del certificato di agibilità non comporta di per sé, in automatico, la risoluzione del preliminare per inadempimento del venditore: l’importanza e la gravità dell’omissione devono essere verificate in concreto in relazione al godimento e alla commerciabilità del bene. Pertanto, se dovesse risultare che l’immobile promesso in vendita presenta tutte le caratteristiche necessarie per l’uso cui era destinato e che le difformità edilizie sono state sanate mediante domanda di concessione in sanatoria, la risoluzione del contratto non può essere più richiesta.

Al contrario, se a determinare il rifiuto dell’abitabilità sono carenze igienico-sanitarie, ciò costituisce causa di risoluzione per inadempimento del preliminare in quanto rende il bene inidoneo all’uso pattuito [2].
Ape

Al preliminare di vendita immobiliare non si deve necessariamente allegare l’Ape, ossia l’attestato di prestazione energetica, ma è comunque opportuno farlo per evitare future contestazioni in merito alle qualità del bene. Il proprietario ha comunque l’obbligo di mettere a disposizione e consegnare, al momento delle trattative, tale attestato.
Al compromesso va allegato il certificato di conformità urbanistica?

A norma di legge [1] tutte le volte in cui si vende casa, il proprietario (alienante) deve indicare gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria. Questo fa sì che non si possa vendere un immobile che presenti un abuso. La vendita sarà conseguentemente nulla. Sicché, l’acquirente potrebbe sempre richiedere la restituzione del denaro versato.

Detto ciò, però, ci si chiede se il certificato di conformità urbanistica va allegato al compromesso e cosa potrebbe succedere se, qualora ciò non dovesse avvenire, il futuro acquirente dovesse accorgersi in un momento successivo, ma comunque prima di presentarsi innanzi al notaio, che nell’immobile sono stati fatti dei lavori abusivamente.

Come chiarito dalla Cassazione [2], le dichiarazioni relative alla conformità edilizia e urbanistica – così come quelle riguardanti la “coerenza catastale” [3] – devono essere contenute solo nei contratti di trasferimento immobiliare (cioè negli atti di compravendita e di donazione), e non anche nei contratti preliminari.

Dunque, quando si stipula un compromesso non è necessario indicare gli estremi dei provvedimenti edilizi (così come in quello di un terreno non è necessario allegare il certificato di destinazione urbanistica). Di conseguenza, anche nel caso di un immobile abusivo, il contratto preliminare deve ritenersi valido: infatti, la sanzione della nullità prevista dalla legge [1] trova applicazione solo nei contratti che hanno come effetto il trasferimento della proprietà, e non anche nei confronti dei contratti ad “effetti obbligatori” e, quindi, del compromesso.

Chi acquista non può quindi evitare di presentarsi dinanzi al notaio per il rogito se nel contratto preliminare non sono indicati gli estremi del certificato di conformità urbanistica, del permesso di costruire o del permesso in sanatoria. Ma se, in sede di rogito, tali documenti non vengono forniti, è possibile rifiutarsi di stipulare l’atto di compravendita.

Del resto, è diritto del venditore, anche dopo la stipula del compromesso e prima di pervenire al rogito, ottenere tutte le licenze e le sanatorie necessarie alla compravendita. Dunque, non è da escludere che tale documentazione, seppur inizialmente mancante, venga procurata in un momento successivo.

Se l’acquirente dovesse rifiutarsi ingiustificatamente di “rogitare”, il venditore potrà rivolgersi al giudice per ottenere una sentenza che, in sostituzione dell’atto notarile, trasferisca coattivamente la proprietà all’acquirente con contestuale condanna al pagamento del prezzo (la proprietà si trasferirà solo al versamento dell’intero corrispettivo). Ai fini della sentenza di trasferimento coattivo sarà sufficiente – mancando indicazioni urbanistiche nel preliminare – che si producano in giudizio gli estremi del provvedimento edilizio abilitativo, il quale costituisce requisito stabilito a pena di nullità del contratto traslativo.

Visto su : La legge per tutti

 

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