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Chi deve firmare il compromesso?

4 Maggio 2023
Chi deve firmare il compromesso?
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Il compromesso immobiliare deve essere firmato da entrambi i coniugi? Quali sono le conseguenze nel caso di mancata sottoscrizione da parte di uno dei due?

Il compromesso, tecnicamente chiamato “contratto preliminare”, è la scrittura privata che obbliga il proprietario di un immobile a vendere e l’offerente ad acquistare entro una data concordata dalle parti. Solo il successivo contratto stipulato dinanzi al notaio, il cosiddetto “rogito” o “contratto definitivo”, trasferisce la proprietà del bene. Il compromesso ha dunque solo una funzione obbligatoria: vincola cioè le parti alla stipula della compravendita.

Ma chi deve firmare il compromesso? Indubbiamente le parti interessate ad esso e, quindi, da un lato il proprietario dell’immobile e dall’altro l’offerente. Di tanto parleremo meglio nel seguente articolo. Ma procediamo con ordine.

Indice
Cos’è il compromesso immobiliare?
Chi deve firmare il compromesso?
È necessario che entrambi i coniugi firmino il compromesso?
Quali sono i termini per agire in giudizio?
Quali sono i passi da seguire per agire in giudizio?
Come evitare problemi nel caso di un compromesso immobiliare tra coniugi?
Quali elementi deve contenere il “compromesso”?
Qual è la forma del contratto preliminare di compravendita?

Cos’è il compromesso immobiliare?
Il compromesso immobiliare è un contratto preliminare in cui le parti si impegnano a concludere un contratto definitivo di compravendita di un immobile entro un termine stabilito. Esso ha lo scopo di definire le condizioni della futura vendita e di garantire che entrambe le parti siano d’accordo su tutti gli aspetti.

Una volta firmato il compromesso, le parti non possono più sottrarsi dall’obbligo di concludere la compravendita. Se una della due parti si rende inadempiente, l’altra può rivolgersi al tribunale e chiedere alternativamente:

la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno;
oppure una sentenza che trasferisca coattivamente la proprietà del bene, previo pagamento del prezzo concordato nel compromesso.
Questo strumento, seppur non obbligatorio (le parti infatti possono firmare direttamente il rogito) è molto diffuso poiché risponde a due esigenze: permette alle parti di vincolarsi reciprocamente per il futuro, garantendo che nessuna di esse possa sottrarsi alla stipula del contratto definitivo senza concluderlo immediatamente; inoltre, consente di utilizzare l’intervallo temporale tra il preliminare e il definitivo per svolgere una serie di adempimenti legati alla vendita, come richiedere un mutuo o organizzare il trasloco.

In caso di compravendita immobiliare, è importante che il contratto preliminare contenga tutte le informazioni essenziali relative all’immobile, come la descrizione dettagliata, la superficie, il prezzo di vendita, la modalità di pagamento, la data prevista per la stipula del contratto definitivo e le eventuali condizioni o clausole particolari.

Attenzione: a differenza del contratto definitivo, il compromesso non deve contenere il titolo edilizio dell’immobile.

Chi deve firmare il compromesso?
Il contratto preliminare deve essere firmato da entrambe le parti coinvolte nell’accordo: il venditore (o il suo legale rappresentante) e l’acquirente (o il suo legale rappresentante). Entrambe le parti devono apporre la propria firma per dare validità al contratto e manifestare il loro reciproco impegno a concludere il contratto definitivo.

Se l’immobile è intestato a più persone (come nel caso di comunione ereditaria), è necessario che a firmare il compromesso siano tutti i suoi intestatari.

Maro e Roberto sono comproprietari di un immobile ricevuto in eredità e ancora indiviso. Il compromesso dovrà essere firmato da entrambi. Tuttavia se uno dei due dovesse firmare il compromesso senza il consenso dell’altro sarà tenuto a risarcire i danni all’acquirente che non riesca ad ottenere, per tale ragione, la proprietà dell’immobile.

Se invece l’immobile dovrà essere intestato a più persone, il compromesso può essere firmato anche solo da una di queste ma al rogito dovranno poi partecipare tutti i futuri titolari.

Antonio e Ginevra si sono appena sposati in comunione dei beni e stanno per acquistare casa. Il compromesso può essere firmato solo da Antonio, ma dinanzi al notaio dovrà comparire anche Ginevra.

Se l’immobile è in comproprietà, il compromesso deve essere firmato da tutti i titolari del bene.

In questo articolo, analizzeremo se, in presenza di una coppia sposata in regime di comunione dei beni, sul compromesso è necessaria la firma di entrambi i coniugi, quali sono le conseguenze in caso contrario e come procedere per tutelare i propri diritti. Utilizzeremo un linguaggio semplice e chiaro, fornendo esempi pratici per comprendere meglio la materia.

È necessario che entrambi i coniugi firmino il compromesso?
Se i coniugi sono sposati in comunione legale dei beni e l’immobile è stato acquistato dopo il matrimonio, entrambi hanno diritti e doveri sulla casa. Pertanto, in teoria, il compromesso dovrebbe essere firmato da entrambi i coniugi per essere valido. Tuttavia, secondo l’articolo 180 del Codice civile, il contratto preliminare di vendita di un immobile è considerato un atto di straordinaria amministrazione, e la mancata partecipazione di uno dei coniugi non rende l’atto inefficace, ma solamente annullabile. Cosa significa concretamente questa affermazione? Cosa succede se un coniuge firma il compromesso senza il consenso dell’altro? In tali ipotesi il coniuge che non ha firmato può agire in giudizio per ottenere l’annullamento dell’atto. Secondo l’articolo 184, comma 1, del Codice civile, gli atti compiuti senza il necessario consenso dell’altro coniuge e da questo non convalidati sono annullabili se riguardano beni immobili.

 

Quali sono i termini per agire in giudizio?
Il coniuge che non ha firmato il compromesso deve agire in giudizio entro un anno dalla data in cui ha avuto conoscenza dell’atto e in ogni caso entro un anno dalla data di trascrizione. Questo termine è stabilito dall’articolo 184, secondo comma, del Codice civile.

Se tuttavia il termine decorre senza che il coniuge abbia impugnato il compromesso, il vizio si sana e l’atto diventa definitivo.

Caia è sposata in comunione legale dei beni e scopre che il marito Tizio ha firmato un compromesso immobiliare per vendere la loro casa senza il suo consenso. Caia, contraria alla vendita, può agire in giudizio entro un anno dalla scoperta dell’atto per chiederne l’annullamento. Se Caia agisce tempestivamente, il compromesso firmato solo da Tizio potrebbe essere annullato.

Quali sono i passi da seguire per agire in giudizio?
Il coniuge che intende agire in giudizio per annullare un compromesso immobiliare firmato senza il suo consenso dovrebbe innanzitutto rivolgersi a un avvocato esperto in diritto civile e immobiliare. L’avvocato analizzerà la situazione e fornirà una consulenza legale su come procedere. In seguito, se il caso lo richiede, l’avvocato potrà presentare un’azione legale al tribunale competente per ottenere l’annullamento del compromesso.

Come evitare problemi nel caso di un compromesso immobiliare tra coniugi?
L’acquirente che non voglia subire il rischio di eventuali azioni di annullamento deve accertare prima di chi sia la proprietà dell’immobile, cosa che può accertare direttamente presso l’Agenzia delle Entrate (Ufficio del Territorio) ivi chiedendo una visura immobiliare. Lo stesso dato però può essere fornito anche da un notaio o dall’agente immobiliare. Tali soggetti saranno personalmente responsabili in caso di informazioni inesatte.

Quali elementi deve contenere il “compromesso”?
Non esiste una disciplina specifica per il contratto preliminare, ma la legge prevede che debba avere la stessa forma del contratto definitivo (art. 1351 c.c.). Pertanto, il compromesso deve contenere gli elementi essenziali di un contratto di compravendita immobiliare, ovvero: il consenso delle parti, la forma scritta, l’esatta indicazione dell’immobile oggetto di vendita (indirizzo, tipologia, dati catastali) e il prezzo. Un compromesso dettagliato ed esaustivo riduce i possibili dubbi o controversie durante la stipula del contratto definitivo.

Qual è la forma del contratto preliminare di compravendita?
La forma del contratto preliminare deve essere scritto. Le parti possono scegliere di stipulare il compromesso tramite scrittura privata oppure rivolgersi a un notaio per concludere il compromesso con atto pubblico o scrittura privata autenticata. Se il preliminare riguarda immobili da costruire o in corso di costruzione, è necessario ricorrere all’atto pubblico o alla scrittura privata autenticata (D. Lgs. n. 122/2005, art. 6).

Immaginiamo il caso di Mario e Luigi: Mario intende vendere la sua casa e Luigi è interessato all’acquisto. Per garantirsi reciprocamente e avere tempo per organizzare i vari adempimenti (come ottenere un mutuo o pianificare il trasloco), decidono di stipulare un contratto preliminare di vendita, il “compromesso”. In questo documento, concordano sul prezzo, descrivono dettagliatamente l’immobile e si impegnano a concludere il contratto definitivo entro una data stabilita.

Il preliminare deve essere necessariamente registrato. La sua trascrizione invece non è obbligatoria: è un onere cui si adempie solo se si teme che il vendere alieni il bene ad altri soggetti o possa subire un’ipoteca o un pignoramento: in tali casi infatti prevale la trascrizione anteriore.

Visto su: La legge per tutti

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