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Doccia esterna: è abuso edilizio?

25 Maggio 2023
Doccia esterna: è abuso edilizio?
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È necessario un permesso di costruire del Comune per installare una doccia esterna con muro? Scopriamo come le recenti sentenze hanno modificato l’interpretazione delle normative edilizie.

Desideri aggiungere una doccia all’aperto alla tua abitazione per sfruttare al meglio gli spazi esterni durante i mesi più caldi? Attenzione, la realizzazione potrebbe non essere così semplice come sembra. Recentemente, le normative relative alla costruzione di docce esterne hanno subito una svolta importante: da un lato è stato ampliato l’elenco delle opere di arredo dei giardini che ricadono nell’edilizia libera (panchine, fontane, barbecue in muratura, ecc.), ma dall’altro lato la giurisprudenza resta sempre molto rigida sui manufatti che modificano definitivamente il territorio. Vediamo allora se la realizzazione di una doccia esterna può considerarsi un abuso edilizio in assenza del permesso di costruire del Comune e quali sono i requisiti legali per la realizzazione di un muro a cui ancorare della rubinetteria. Esistono limitazioni in base alla sua posizione o al suo grado di chiusura? Questo articolo esplorerà queste domande, esaminando come le nuove direttive influenzano i progetti di installazione delle docce all’aperto.Indice
Ho bisogno di un permesso per installare una doccia esterna?
Posso considerare l’installazione di una doccia esterna come un’opera di ristrutturazione?
Quali sono le conseguenze se installo una doccia esterna senza un permesso di costruire?
E se la doccia non è totalmente chiusa o schermata?
Quali precauzioni devo prendere prima di installare una doccia esterna?
Ho bisogno di un permesso per installare una doccia esterna?
Per realizzare un muro-doccia esterno è necessario il permesso di costruire? La risposta a questa domanda, fino a poco tempo fa, avrebbe potuto essere: “dipende”. Dipende dal tipo di opera: se non vengono realizzati volumi chiusi con copertura fisse, non ci dovrebbe essere bisogno della licenza edilizia.

Le autorizzazioni diventano obbligatorie se la doccia è totalmente chiudibile e la schermata non è composta da una semplice tenda.

Tuttavia, una recente sentenza della Cassazione (n. 21192/2023) ha stabilito che per la costruzione di un muro-doccia esterno è necessario ottenere un permesso di costruire, a prescindere dalla sua tipologia.
Tizio desidera installare una doccia nel suo cortile, pensando che non sia necessario un permesso di costruire poiché non modifica l’aspetto esteriore dell’immobile. Tuttavia, secondo la recente sentenza della Cassazione, Tizio dovrebbe ottenere un permesso di costruire prima di procedere.

Chiaramente, la necessità di presentare una pratica edilizia e quindi ottenere il permesso di costruire fa sì che l’opera realizzata in spregio a tali prescrizioni sia considerata abuso edilizio. Il titolare quindi sarà responsabile penalmente e tenuto alla demolizione del manufatto.

Posso considerare l’installazione di una doccia esterna come un’opera di ristrutturazione?
La Cassazione ha specificato che l’installazione di una doccia esterna non può essere considerata come un’opera di ristrutturazione o un’integrazione di servizi igienico-sanitari pertinenziali. Pertanto, la realizzazione di tale opera non può essere avviata con la sola Scia o Cila.
Quali sono le conseguenze se installo una doccia esterna senza un permesso di costruire?
Realizzare una doccia esterna senza il permesso di costruire costituisce un abuso edilizio. Inoltre, se la zona è sottoposta a vincoli paesaggistici, si potrebbe anche incorrere in un reato paesaggistico.

E se la doccia non è totalmente chiusa o schermata?
Anche se la doccia non è totalmente chiusa o è schermata da una tenda, la necessità del permesso di costruire rimane. L’elemento chiave per determinare la necessità del permesso non è tanto la struttura della doccia, quanto il suo impatto sull’ambiente circostante e sull’immobile.

Sempronio ha installato nel suo giardino una doccia arretrata rispetto al filo esterno dell’edificio, pensando che questo potesse esonerarlo dall’obbligo del permesso di costruire. Nonostante la doccia sia parzialmente aperta e coperta da una tenda, secondo la recente sentenza della Cassazione, Sempronio avrebbe comunque dovuto richiedere il permesso di costruire.

Quali precauzioni devo prendere prima di installare una doccia esterna?
È importante ricordare che, sebbene lo spazio sia privato, esistono limitazioni sulla fattibilità di queste opere. Prima di iniziare qualsiasi lavoro di installazione di una doccia esterna, è necessario richiedere un permesso di costruire. Inoltre, è fondamentale evitare di realizzare volumi chiusi con coperture fisse, per i quali è necessaria la concessione edilizia.
Conclusione
L’installazione di una doccia esterna può sembrare un’aggiunta semplice e innocua alla tua proprietà. Tuttavia, come evidenziato in questo articolo, le recenti interpretazioni delle normative edilizie hanno stabilito che è obbligatorio ottenere un permesso di costruire prima di procedere. Nonostante ciò possa sembrare un ostacolo, è importante ricordare che le regole e le leggi sono poste a tutela del patrimonio architettonico e paesaggistico, e per garantire un uso rispettoso del territorio. Prima di iniziare qualsiasi lavoro, è quindi fondamentale informarsi presso il proprio Comune che potrebbe prevedere disposizioni particolari.
CASSAZIONE SENT. N. 2119/2023

TERZA SEZIONE PENALE

avverso la sentenza del 10/01/2022 della Corte d’appello di Lecce

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Luigi Orsi, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;

letta la memoria difensiva in data 30 marzo 2023, che ha insistito nell’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 10 gennaio 2022, la Corte d’appello di Lecce, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Lecce, ha assolto l’imputato dal reato di cui all’art. 44 lett. c) del d.P.R. n. 380 del 2001, limitatamente alla realizzazione di pavimentazione esterna, ed ha confermato la sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 44 lett. c) del d.P.R. n. 380 del 2001 e di cui all’art. 181 comma 1 del d.lvo n. 42 del 2004, con riferimento alla realizzazione di una parete doccia esterna mt. 2,10 x 2,50 e di un solaio di un bagno esterno ad un’altezza superiore a quella prevista di m. 2,75 in luogo di m. 2,30, riducendo la pena inflitta a mesi uno e giorni 15 di arresto e € 34.000,00 di ammenda.

Secondo quando accertato dai giudici del merito, l’imputato aveva realizzato una parete ex novo con inserimento di doccia nella parte originariamente destinata ad area scoperta, comportante modifica dell’originaria tipologia del luogo e, pur non determinando nuove superfici o nuovi volumi, rientrava nella nozione di nuova costruzione di cui all’articolo 10 Tue in quanto incidente sul tessuto urbanistico per la quale occorre il permesso costruire, ai sensi dell’articolo 3 comma 1, lettera e) del d.P.R. n. 380 del 2001, che assoggetta attualmente a permesso di costruire non soltanto le attività di edificazione, ma anche altre attività che pur non integrando interventi edilizi in senso stretto comunque comportano una modificazione permanente dello stato materiale e di conformazione del suolo, nonché la realizzazione di un solaio di copertura del vano bagno più alto rispetto alle esistente, con aumento di volumetria, non essendo possibile la sua qualificazione quale pertinenza, opere la cui realizzazione SU area sottoposta a vincolo, in assenza di autorizzazione, integrava anche il reato paesaggistico

2. Avverso la sentenza il difensore dell’imputato ha presentato ricorso per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.

2.1. Con il primo motivo deduce il vizio di motivazione in relazione alla ricostruzione dei fatti, travisamento della prova. La Corte territoriale avrebbe travisato i fatti nella ricostruzione della fattispecie concreta accertando l’esecuzione ex novo della pavimentazione esterna anziché, come risulta dalla comunicazione notizie di reato acquisita agli atti si trattava di un rifacimento totale di una pavimentazione ha preesistente da cui illogica motivazione secondo cui la realizzazione della pavimentazione esterna non avrebbe richiesto il permesso a costruire perché di piccole dimensioni e senza modificazione dello stato di destinazione d’uso.

2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione all’erronea applicazione dell’art. 3, 6, 6 bis, 22, 23 ter e 44 del d.P.R. n. 380 del 2001.

In sintesi, il motivo di censura investe l’affermazione della responsabilità penale per il reato edilizio perché erroneamente i giudici del merito avrebbero ritenuto che l’intervento edilizio, consistito nella realizzazione della parete doccia esterna su superficie già pavimentata e senza sviluppo di superficie utile né volumetria sarebbe da qualificare quale nuova costruzione per cui necessitava di permesso a costruire. L’opera in questione realizzerebbe una manutenzione straordinaria leggera secondo l’art. 3 lett. b) del d.P.R. 380 del 2001, trattandosi di attività di realizzazione e/o integrazione dei servizi igienico-sanitari assoggettata ai sensi degli artt. 6, 6 bis e 23 del TUE a semplice Cila o al più a Scia.

2.3. Con il terzo motivo deduce il vizio di motivazione in relazione alla illogicità della motivazione con riguardo alla realizzazione del solaio del bagno. La Corte territoriale nel trattare il motivo di appello non avrebbe colto la doglianza e avrebbe travisato il tutto rendendo sul punto una motivazione assolutamente inconferente. Non avrebbe considerato la corte territoriale che vi era stata la realizzazione di un solaio intermedio, sicchè, ferma l’altezza interna del bagno, non vi sarebbe alcun aumento di volumetria. Anche questo intervento sarebbe da annoverare tra gli interventi di manutenzione straordinaria o di difformità rispetto alla Scia.

2.4. Con il quarto motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione all’erronea applicazione dell’art. 3, 6, 6 bis, 22, 23 ter e 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 nonché in relazione al d.lgs n. 222 del 2016 e relative tabelle indicanti l’attività di edilizia libera. Errata qualificazione giuridica del solaio del bagno ed errata sussunzione nelle opere che richiedono il permesso a costruire trattandosi di modificazione di pertinenza urbanistica (elevazione di cm. 45 del bagno).

2.5. Con il quinto motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione all’erronea applicazione dell’art. 3, 6, 6 bis, 22, 23 ter e 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 nonché in relazione all’art. 149 e 181 del d.lgs n. 40 del 2004, e al d.P.R. 31 del 2017. Si tratterebbe di interventi, quelli sopra descritti, per i quali non sarebbe richiesta l’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 149 cit. in quanto non altererebbero lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici tenuto conto che quanto la sagoma esteriore e la volumetria sarebbero rimaste quelle del “prospetto laterale” della Scia mentre la parete doccia non avrebbe comportato una modifica significativa degli assetti planimetrici e vegetazionali.

2.6. Con il sesto motivo deduce il vizio di motivazione in relazione al diniego di applicazione della causa di non punibilità ex art 131 bis cod.pen.

2.7. Con il settimo motivo il vizio di motivazione in relazione al diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

2.8. Con l’ottavo motivo di ricorso deduce la violazione di legge in relazione agli artt. 164-165 cod.pen. in relazione alla subordinazione della sospensione condizionale della pena alla demolizione.

3. Il Procuratore Generale ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Va, preliminarmente, rilevata la tardività della memoria depositata in data 30 marzo 2023, per l’udienza del 4 aprile 2023, tenuto conto che nel giudizio camerale di legittimità, ex art. 23 bis legge 18 dicembre 2020, n. 176, le memorie e le produzioni difensive depositate in violazione del rispetto dei termini di quindici e cinque giorni “liberi” prima dell’udienza, previsti dall’art. 611 cod. proc. pen., sono tardive e, pertanto, non possono essere prese in considerazione (Sez. 4, n. 49392 del 23/10/2018, Rv. 274040 – 01; Sez. 1, n. 13597 del 22/11/2016, De Silvio, Rv. 269673 – 01).

5. Il ricorso è inammissibile per la proposizione di motivi manifestamente infondati.

I motivi primo, secondo, terzo, quarto e quinto, che possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili perché manifestamente infondati.

Il ricorrente articola le censure sulla base di un errato presupposto giuridico, contrario ai principi reiteratamente espressi dalla giurisprudenza di legittimità che ha, da sempre, affermato che l’intervento edilizio deve essere considerato unitariamente nel suo complesso, senza possibilità di scindere e considerare separatamente le sue componenti (Sez. 3, n. 20363 del 16/03/2010, Marrella, Rv. 247175 – 01;

Sin da risalenti, e mai superate pronunce di questa Corte di legittimità, si è affermato il principio secondo cui la valutazione di un’opera edilizia abusiva va effettuata con riferimento al suo complesso, non potendosi considerare separatamente i suoi singoli componenti, così che, in virtù del concetto unitario di costruzione, la stessa può dirsi completata solo ove siano stati terminati i lavori relativi a tutte le parti dell’edificio (Sez. 3, n. 4048 del 06/11/2:002, Rv. 223365 – 01, fattispecie in tema di decorrenza del termine di prescrizione)

Più recentemente, e con riguardo al profilo che qui viene in rilievo della tipologia del titolo abilitativo richiesto, si è ribadito che in tema di reati edilizi, la valutazione dell’opera, ai fini della individuazione del regime abilitativo applicabile, deve riguardare il risultato dell’attività edificatoria nella sua unitarietà, senza che sia consentito considerare separatamente i singoli componenti (Sez. 3, n. 16622 del 08/04/2015, P.M. in proc. Casciato, Rv. 263473 – 01).

Si è in proposito reiteratamente evidenziato che il regime dei titoli abilitativi edilizi non può essere eluso attraverso la suddivisione dell’attività edificatoria finale, nelle singole opere che concorrono a realizzarla, astrattamente suscettibili di forme di controllo preventivo più blando, per la loro più modesta incisività sull’assetto territoriale. L’opera deve essere considerata unitariamente nel suo complesso, senza che sia consentito scindere e considerare separatamente i suoi singoli componenti (Sez. 3, n. 16622 del 08/04/2015 Rv. 263473 — 01; Sez. 3, n. 5618 del 17/11/2011, Forte, Rv. 252125 – 01).

Il principio di unitaria valutazione è stato ribadito anche con riferimento ad opere in grado di non assumere rilevanza penale se esaminate autonomamente, eppure suscettibili di integrare, proprio in ragione della necessaria valutazione complessiva, interventi richiedenti titoli abilitativi corrispondenti al permesso di costruire o ad atti ad esso equivalenti (fattispecie con riguardo alla valutazione dell’opera ai fini della individuazione del “dies a quo” per la decorrenza della prescrizione, deve riguardare la stessa nella sua unitarietà, senza che sia consentito considerare separatamente i suoi singoli componenti (Sez. 3, n. 30147 del 19/04/2017 Rv. 270256 – 01; Tomasulo P; Sez. 3, n. 16622 del 08/04/2015 Rv. 263473 – 01 cit.).

6. Sulla scorta di questa esegesi ermeneutica la decisione impugnata è giuridicamente corretta.

La vicenda in esame, secondo quanto risulta dal provvedimento impugnato, riguarda la realizzazione di una parte ex novo con inserimento di doccia nella parte destinata ad area scoperta che, pur non determinando nuove superfici e volumi, modificava l’originaria tipologia del luogo, e la realizzazione di un nuovo solaio di copertura del vano bagno, che rispetto all’originaria altezza di m. 2,30 era, all’esito del sopralluogo di m. 2,75, con realizzazione di nuovi volumi.

La ricostruzione del solaio con innalzamento dello stesso e, inevitabile, aumento di volumetria, rientra, come correttamente rilevato dalla corte territoriale, nella nozione di nuova costruzione soggetta a permesso a costruire ai sensi dell’art. 3 lett. e) del d.P.R. n. 380 del 2001, sicchè non era sufficiente la SCIA che consentiva la sola demolizione e ricostruzione del solaio come in origine.

La valutazione unitaria delle opere come realizzate ed accertate non consente di scindere l’intervento realizzato di costruzione ex novo del muro con inserimento di doccia, e di ritenerlo quale manutenzione leggera che include ai sensi ai sensi dell’art. 3 lett. b) cit. “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici” assoggettati ai sensi degli artt. 6, 6 bis e 22 Tue a semplice CILA.

7. Consegue anche la manifesta infondatezza del quinto motivo di ricorso, atteso che i lavori erano stati eseguiti in area sottoposta a vincolo paesaggistico senza autorizzazione paesaggistica, trattandosi di interventi, quelli complessivamente realizzati, che richiedevano l’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 146 d.lvo n. 42 del 2004, non trovando applicazione l’art. 149 cit.

A norma dell’art. 149, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 42 del 2004, non è richiesta l’autorizzazione paesaggistica per «gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici». Mentre gli interventi di ristrutturazione edilizia da eseguire in area sottoposta a vincolo paesaggistico

09/02/2016, Pezzuto, Rv. 267190 – 01; Sez. 3, n. 8739 del 21/01/2010, Perna, Rv. 246218).

Orbene, l’art. 149 il cui comma 1, lett. a) del D.Lgs n. 42 del 2004, sottrae all’obbligo di autorizzazione gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici, mentre ogni altro intervento, per il quale sia necessario il permesso di costruire la richiede. Per l’intervento come realizzato era dunque necessaria l’autorizzazione paesaggistica e la loro realizzazione in assenza integra il reato contestato di cui all’art. 181 comma 1 del d.lvo n. 42 del 2004.

8. Il sesto motivo di ricorso che contesta il diniego di riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod.pen. è inammissibile.

Da un lato il riferimento alla mancanza di presupposti di cui all’art. 101 cod.pen. non è pertinente giacchè la sentenza impugnata ha escluso la particolare tenuità dell’offesa in ragione dell’abitualità della condotta tenuto conto dei precedenti della stessa indole.

Tale decisione si pone in linea con i principi affermati dalle Sezioni Unite Tushaj secondo cui, ai fini del presupposto ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen., il comportamento è abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591 – 01).

L’imputato è recidivo reiterato e specifico condanna per art. 46 legge n. 298 del 1974 e art. 1161 cod. nav.), sicchè la motivazione è congrua e corretta in diritto.

9. Il diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche è giustificato dai precedenti penali specifici e reiterati dell’imputato. In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione, essendo sufficiente, ai fini dell’esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza ai precedenti penali dell’imputato (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Rv. 271269 – 01).

10. Anche l’ottavo motivo di ricorso risulta manifestamente infondato.

La sospensione condizionale della pena è stata rigettata per assenza dei presupposti per la sua concessione in ragione dei precedenti penali da cui non era possibile formulare un giudizio prognostico favorevole di astensione dalla commissione di altri reati, sicchè il tema della eventuale subordinazione del beneficio alla demolizione non è pertinente. Non viene in questione, in altri termini, la valutazione discrezionale di subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione del manufatto abusivo, di cui il ricorrente lamenta l’omessa motivazione, in quanto il beneficio suddetto è stato escluso per mancanza dei presupposti ex art. 164 cod.pen.

11. L’inammissibilità del ricorso per cassazione, per manifesta infondatezza deì motivi o per altra ragione, “non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p.” (Sez. 2, n. 28848 del 08/05/2013, Ciaffoni, Rv. 256463, Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv 217266; Sez. 4, n. 18641 del 20/01/2004, Tricorni) cosicché è preclusa la dichiarazione di prescrizione del reato maturato dopo la pronuncia della sentenza in grado di appello (Sez. 5, n. 15599 del 19/11/2014, Zagarella, Rv. 263119).

12. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 04/04/2023

Visto su: La legge per tutti

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