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Che succede se non si presenta la dichiarazione di successione?

4 Maggio 2017
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Che succede se non si presenta la dichiarazione di successione?

La successione deve essere dichiarata all’Agenzia delle Entrate entro dodici mesi dall’apertura della stessa [1]. È questo l’adempimento consistente nella compilazione e presentazione all’Ufficio delle Entrate della cosiddetta denuncia di successione, consistente in una dichiarazione presentata da uno o più eredi del defunto contenente i dati di quest’ultimo, degli eredi legittimi o testamentari nonché l’elenco dei beni e più in generale dei cespiti attivi e passivi del defunto. La finalità di tale incombente risiede nella necessità di portare a conoscenza del Fisco l’avvenuto decesso e, quindi, presumibilmente, il passaggio agli eredi delle sostanze del defunto. Su tale trasferimento l’Ufficio delle Entrate calcola l’eventuale imposta di successione dovuta nonché controlla il versamento delle imposte ipotecarie e catastali autoliquidate dagli eredi all’atto della presentazione della denuncia stessa ove il defunto fosse proprietario di beni immobili.

Come è dato evincere da queste prime notazioni, quindi, la dichiarazione di successione è un adempimento di natura eminentemente fiscale che produce effetti sulla successiva circolazione dei beni immobili pervenuti agli eredi in maniera indiretta. Entro 30 giorni dalla registrazione dell’atto promotore del trasferimento, bisogna presentare al catasto competente la relativa domanda di voltura dei beni immobili oggetto di successione a favore degli eredi [2]. La trascrizione della dichiarazione di successione nei registri immobiliari, invece, viene curata dall’Agenzia delle Entrate stessa ed è formalità che costituisce unicamente una forma di pubblicità notizia. In altri termini, mentre la voltura in catasto della dichiarazione di successione serve per aggiornare gli elenchi catastali circa i reali intestatari degli immobili sul territorio nazionale, la trascrizione nei registri immobiliari non rende opponibile ai terzi l’acquisto da parte degli eredi degli immobili del defunto ma serve solo a dare pubblicità del fenomeno successorio a chi consulta questi ultimi registri. Ciò che rende invece opponibile ai terzi e anche ai creditori il trasferimento dei beni immobili in capo agli eredi è la trascrizione nei registri immobiliari dell’accettazione di eredità. Quest’ultima può essere costituita da un atto espresso oppure può essere fatta tacitamente, ossia quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede:

si deve trascrivere l’accettazione di eredità che importi acquisto della proprietà su beni immobili;
se il chiamato alla successione ha compiuto uno degli atti che importano accettazione tacita dell’eredità si può richiedere la trascrizione sulla base di quell’atto qualora esso risulti da sentenza.

Tutto ciò premesso, non può esser certo l’eventuale omissione della dichiarazione di successione da parte degli eredi del defunto fratello del lettore a impedire la continuità delle trascrizioni ventennali invocata dal notaio e ciò per due ordini di ragioni: la prima consiste nella circostanza che il bene in predicato di essere ceduto deriva da due successioni (quelle rispettivamente di suo padre, deceduto nel 1989, e di sua madre, venuta meno invece nel 1995) per le quali egli riferisce di aver presentato la relativa dichiarazione di successione e di aver già corrisposto gli eventuali tributi richiesti; la seconda è rappresentata dal fatto che detto bene non è mai entrato a far parte del patrimonio del fratello prima del decesso di quest’ultimo e quindi non può esser stato oggetto della sua successione.

Discorso diverso, invece, può esser fatto per la trascrizione dell’accettazione tacita derivante dalla sentenza di divisione dei beni ereditari dei suoi genitori. Tale pronuncia giudiziale infatti, avendo attuato una vera e propria divisione ereditaria dei beni già appartenuti a questi ultimi, costituisce uno di quegli atti compiuto dai chiamati all’eredità che presuppone necessariamente la loro volontà di accettare l’eredità e che non avrebbero il diritto di fare se non, appunto, nella qualità di eredi. La mancata trascrizione dell’accettazione tacita dell’eredità dei suoi genitori, derivante da tale sentenza, comporta – questa volta sì – la mancata opponibilità dell’acquisto ereditario a chiunque vanti o pretenda di vantare diritti derivanti da quelle successioni oltre a rappresentare difetto nella continuità di trascrizioni e quindi instabilità altresì dell’acquisto che andrebbe a compiere un futuro acquirente dell’immobile al lettore oggi intestato.

Pertanto, per concludere:

– per la vendita del bene al lettore attualmente intestato e proveniente da sentenza di divisione ereditaria non si ravvisa la necessità di presentare la dichiarazione di successione del fratello, asseritamente omessa, poiché il bene in oggetto non è mai entrato a far parte del patrimonio di quest’ultimo e quindi del tutto estraneo alla successione di questi;

– da valutarsi invece l’eventuale omessa trascrizione dell’accettazione tacita di eredità conseguente alla sentenza che ha attuato la divisione ereditaria fra il lettore, suo fratello e sua sorella in quanto l’eventuale omessa formalità costituirebbe ostacolo alla successiva circolazione del bene oggi a lui intestato e proveniente dalle successioni dei suoi genitori.

Se così fosse si consiglia quindi di interpellare il notaio circa la fattibilità della trascrizione di accettazione tacita sulla base di copia autentica della sentenza di divisione passata in giudicato con costi a carico del venditore e da ripartirsi tra i tre fratelli.

Articolo tratto da una consulenza dell’avv. Enrico Braiato

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