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Risoluzione contratto affitto non comunicata

17 Gennaio 2022
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Affitto cessato in anticipo: non sempre si pagano le tasse sui successivi canoni di locazione.

Nel caso di affitto, se le parti decidono di risolvere in anticipo il contratto bisogna fare la comunicazione all’Agenzia delle Entrate. Senza tale adempimento, infatti, il locatore dovrà continuare a dichiarare i canoni – anche se non percepiti – e a versare su di essi le relative imposte. Ma esiste una scappatoia anche in questo caso e ad evidenziarla è stata la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia [1]. Nel commentare tale sentenza potremo parlare di ciò che succede in caso di risoluzione del contratto di affitto non comunicata. Ma procediamo con ordine.

Indice

1 Risoluzione contratto di locazione: bisogna comunicarla all’Agenzia delle Entrate
2 Imposta di registro per la risoluzione anticipata della locazione
3 Comunicazione della risoluzione anticipata all’inquilino
4 Omessa registrazione della risoluzione della locazione

Risoluzione contratto di locazione: bisogna comunicarla all’Agenzia delle Entrate

Se il rapporto tra le parti è interrotto prima della sua naturale scadenza si parla di risoluzione consensuale del contratto di locazione. In tal caso è necessario inviare una comunicazione all’Agenzia delle Entrate attraverso una delle seguenti modalità:

 

tramite i servizi telematici dell’Agenzia (software RLI o RLI-web);
presentando all’ufficio dove è stato registrato il contratto il modello RLI cartaceo debitamente compilato.

Una volta comunicata la cessazione, viene meno l’obbligo di dichiarare i canoni di locazione relativi al periodo successivo alla cessazione stessa. Invece, in caso di mancata comunicazione, il locatore si vedrà calcolare le imposte anche per i canoni successivi, anche se non percepiti (salvo quanto diremo più avanti).
Imposta di registro per la risoluzione anticipata della locazione

In caso di risoluzione anticipata, il locatore deve versare entro 30 giorni l’imposta di registro in misura fissa: la spesa è di 67 euro.

Il versamento deve avvenire:

utilizzando i servizi telematici dell’Agenzia (software RLI o RLI-web) tramite richiesta di addebito su conto corrente;
con il modello F24 Elementi identificativi, utilizzando il codice tributo 1503.

In caso di versamento con F24 Elementi identificativi è necessario comunicare la risoluzione all’ufficio dove è stato registrato il contratto presentando, nello stesso termine di 30 giorni, il modello RLI debitamente compilato.

L’imposta di registro per la risoluzione anticipata grava in capo al locatore, il quale potrà rivalersi in un secondo momento sul conduttore per ottenere il rimborso della metà della somma versata al fisco. Nell’apposito modulo (il modello Rli, che serve in generale per chiedere la registrazione dei contratti di locazione e per comunicare una serie di eventi a essi collegati) vanno inseriti i dati relativi al locatore (o, nel caso come quello di specie, a più locatori) e la risoluzione va comunicata all’ufficio dell’agenzia delle Entrate dove il contratto fu registrato.

Se la parte locatrice è costituita da più soggetti (ad esempio più eredi), e tutti i locatori hanno optato per il regime della cedolare secca, l’imposta per la risoluzione non è dovuta; altrimenti, quand’anche uno solo dei locatori abbia fatto una diversa scelta, essa va versata. Tale comunicazione può essere inviata anche da uno solo dei locatori, purché ci sia l’indicazione di tutti i nominativi.
Comunicazione della risoluzione anticipata all’inquilino

Pur in assenza di una disposizione specifica in tal senso, si ritiene che il locatore sia tenuto a consegnare all’inquilino copia della ricevuta di pagamento dell’imposta di registro per la risoluzione anticipata del contratto. Tanto più che l’articolo 17, comma 1, del Dpr 131/1986 (Testo unico imposta di registro) coinvolge nella responsabilità per l’adempimento fiscale anche l’inquilino. Tale norma dispone infatti che «l’imposta dovuta per la registrazione dei contratti di locazione e affitto di beni immobili esistenti nel territorio dello Stato nonché per le cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite degli stessi è liquidata dalle parti contraenti (locatore o conduttore, ndr) e assolta entro 30 giorni mediante versamento del relativo importo presso uno dei soggetti incaricati della riscossione…». E tanto più che il conduttore è tenuto a rimborsare al locatore la metà della spesa sostenuta.

In tale contesto, se il locatore si rifiuta di consegnare il documento contabile, è opportuno che l’inquilino gli invii una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno di costituzione in mora, puntualizzando che:

in assenza del documento non provvederà al rimborso della metà delle somme spese per la risoluzione;
in caso di mancato adempimento all’obbligo di pagamento dell’imposta di registro per la risoluzione del contratto, riterrà il locatore responsabile per eventuali sanzioni e danni.

L’inquilino può rivolgersi direttamente all’Agenzia delle Entrate, al fine di verificare l’intervenuto pagamento dell’imposta di registro per la risoluzione anticipata del contratto.
Omessa registrazione della risoluzione della locazione

Abbiamo appena detto che l’omessa comunicazione della risoluzione consensuale della locazione (ossia l’omessa registrazione) fa sì che il locatore debba continuare a dichiarare i canoni per le mensilità successive. Se non lo fa, l’Agenzia delle Entrate può ugualmente addebitargli le imposte.

Tuttavia, secondo la CTR Lombardia [1], l’omessa registrazione della risoluzione del contratto non giustifica in automatico l’imposizione fiscale fondata sulla presunzione di percezione dei canoni di un immobile locato: se infatti il contribuente riesce a dimostrare, attraverso plurimi elementi, il mancato incasso dei predetti canoni e l’effettiva risoluzione del contratto, la richiesta di pagamento dell’ufficio delle imposte è illegittima.

Nel caso deciso dai giudici lombardi, il ricorrente aveva fornito ampia prova documentale della cessazione del contratto di locazione sulla base di plurimi elementi e della documentazione versata in atti:

la comunicazione del dirigente della società conduttrice circa gli effettivi pagamenti dei canoni fino a tale data;
la raccomandata della conduttrice con cui comunicava la cessazione del contratto di locazione;
la comunicazione dell’ultima fattura da parte dei fornitori di luce e gas;
la dichiarazione di un notaio attestante la vendita dell’immobile oggetto della controversia nel giugno del 2015;
l’estratto di conto corrente con riportato la restituzione della somma versata a titolo di deposito cauzionale effettuata nel gennaio 2014.

Tali circostanze, secondo i giudici, attestavano inequivocabilmente che il contratto avesse cessato di produrre effetti per il recesso ad opera della conduttrice esercitato in conformità al contratto e che il locatore non avesse più percepito i canoni a far data dall’aprile del 2014. Pertanto, è stato ritenuto del tutto irrilevante l’omessa registrazione della risoluzione della locazione presso i competenti uffici fiscali al fine dell’assolvimento dell’imposta di registro in misura fissa, posto che, spiega il Collegio, «ferma ed impregiudicata la debenza dell’imposta, ciò che viene in rilievo non è la prova e/o l’opponibilità della data certa dell’avvenuta disdetta del rapporto ma la prova della non percezione dei canoni locativi oltre la data indicata in recesso».

Visto su : La legge per tutti

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