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Pignoramento conto corrente – dal 1° luglio 2017 possibile senza alcun procedimento giudiziario.

8 Luglio 2017
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Pignoramento conto corrente – dal 1° luglio 2017 possibile senza alcun procedimento giudiziario.

La circolare esamina le nuove possibilità attribuite, con decorrenza dal 1° luglio 2017, all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, il nuovo ente strumentale all’Agenzia delle Entrate che sostituirà Equitalia.
Tale ente potrà accedere alle banche dati INPS e potrà pignorare i conti correnti in maniera diretta senza alcuna autorizzazione del giudice. Sono anche analizzati i mezzi di tutela del contribuente.
Premessa
Si ampliano i poteri del Fisco in materia di controllo delle disponibilità liquide dei contribuenti. Difatti, dal 1° luglio 2017, l’Agenzia delle Entrate che incorporerà l’attuale Equitalia potrà consultare l’Anagrafe tributaria e procedere al pignoramento dei conti correnti direttamente senza attivare alcuna procedura di autorizzazione.
Ed inoltre potrà consultare le banche dati dell’INPSper acquisire le informazioni relative ai rapporti di lavoro per pignorare stipendi, indennità ecc.
E’ questo in sintesi quello che si evince dalla lettera dell’articolo 3 del D.L 193/2016 convertito nella Legge n. 225/2016.
Analizziamo nei termini la questione.
Aspetti normativi
Ai sensi dell’art.1 del Decreto Legge n.193/2016 citato, con decorrenza dal 1° luglio 2017 scomparirà l’ente di riscossione Equitalia e prenderà il posto di questo un ente strumentale all’Agenzia delle Entrate di carattere pubblico ma economico che sarà sotto il controllo diretto del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Tale ente succederà a titolo universale in tutti rapporti giuridici attivi e passivi, nonché in tutti i giudizi processuali in cui è parte Equitalia.
A dire il vero, il citato ente diventerà l’Agente della Riscossione e sarà dotato di tutti i poteri previsti dal D.P.R. n. 602/73.
Difatti, nell’ambito dell’articolo 3 del D.l. 193/2016 che potenzia i poteri dell’Agenzia delle Entrate in materia di acquisizione delle informazioni concernenti i rapporti di lavoro presso le banche dati dell’INPS per poter pignorare gli stipendi, i salari ed altre indennità dei contribuenti, nonché di utilizzare le informazioni derivanti dalla consultazione dell’Anagrafe tributaria anche ai fini della riscossione, vi è un’estensione di tali poteri al nuovo ente Agenzia delle Entrate-Riscossione.
Come avviene il pignoramento presso terzi
Nella procedura ordinaria, di norma il creditore, al fine di soddisfare il suo credito, nel momento in cui decide di attivare il pignoramento del conto corrente presso un istituto bancario, che rappresenta il terzo, per attivare il c.d. pignoramento presso terzi deve essere autorizzato dal tribunale.
Sostanzialmente, prima deve notificare l’atto esecutivo, ad esempio la sentenza, successivamente deve notificare l’atto di precetto, mediante il quale intima il debitore ed assolvere al pagamento entro il termine di dieci giorni dalla notifica dell’atto.
Trascorsi dieci giorni senza che il debitore paghi, il creditore può notificare l’atto di pignoramento sia al debitore e sia alla banca per un importo uguale a quello risultante dall’atto maggiorato del cinquanta per cento.
Nel momento in cui la banca riceve la notifica dell’atto di pignoramento dovrà:
1. Bloccare le somme del conto corrente e lasciarle disponibili fin quando il giudice non si pronuncia;
2. Rendere al creditore, la dichiarazione del terzo, mediante la quale comunica che le somme pignorate sono disponibili sul conto corrente.
Nell’atto di pignoramento è indicata inoltre la data dell’udienza; in tale data il giudice, dopo aver appurato quanto detto nella dichiarazione resa dalla banca, disporrà che quest’ultima versi le somme accantonate al creditore.
Procedura ordinaria del pignoramento presso terzi
Il creditore per eseguire il pignoramento presso il terzo deve:
1. Notificare la sentenza di condanna al debitore
2. Notificare l’atto di precetto
3. Decorsi 10 giorni, se il debitore non paga notifica il pignoramento alla banca
4. La banca dovrà bloccare le somme fino all’udienza
5. Dichiarare che tali somme sono rese disponibili sul conto
6. Deve versare le somme al creditore dopo la pronuncia del giudice
Il pignoramento delle somme in caso di cartelle esattoriali
Il discorso e la procedura cambiano nel momento in cui a riscuotere i soldi è il Fisco.
In tal caso non è richiesta l’autorizzazione del giudice.
Il procedimento che si applica è quello previsto dall’art. 72-bis del D.P.R. 602/1973.
L’Agenzia delle Entrate-Riscossione nel momento in cui notifica la cartella di pagamento, essendo un atto esecutivo equiparabile al precetto, non deve promuovere la citazione in giudizio del terzo e attendere l’udienza ma potrà pignorare il conto corrente, decorsi i 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento.
Nella prassi l’ente di riscossione notifica l’atto di pignoramento in primis all’istituto bancario e dopo al debitore, invitando quest’ultimo a pagare l’importo entro il termine di 60 giorni.
Se il debitore non assolve al pagamento della somma dovuta entro il termine citato, il Fisco richiederà alla banca di versargli l’importo senza attendere alcuna autorizzazione da parte del tribunale.
Come si può notare è un procedimento abbastanza celere che non richiede dei tempi lunghi.
Mezzi di difesa
La disposizione introdotta dal D.L. 193/2016 si ripercuoterà in modo devastante nei confronti del contribuente in quanto potrà essere privato direttamente delle somme disponibili sul proprio conto corrente che verranno utilizzate per saldare i debiti che ha con il Fisco.
Tuttavia il contribuente, per impedire il pignoramento del conto può presentare nei 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento l’istanza di dilazione; una volta ottenuto l’accoglimento e pagata la prima rata potrà presentarla all’ente e ottenere lo sbocco.

Opposizione al pignoramento
Esaminiamo adesso il procedimento d’impugnazione dell’atto di pignoramento.
Trattandosi di un atto di esecuzione forzata, può essere impugnato di fronte al giudice ordinario e non presso il giudice tributario.
Difatti, l’articolo 2 del Decreto Legislativo n. 546/1992 dispone che sono soggette alla giurisdizione delle Commissioni Tributarie le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, escluse solo quelle riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento.
Pertanto il procedimento previsto dall’art. 72-bis del D.P.R. 602/1973 è di tipo esecutivo.
Quanto a motivi che possono essere eccepiti dal contribuente si citano:
1. La mancanza della comunicazione dell’avviso ex art.50 del D.P.R. 602/73 se è trascorso oltre un anno dalla notifica della cartella di pagamento;
2. Tra il tempo in cui la cartella è stata notificata e quello dell’attivazione del procedimento di pignoramento presso i terzi sono passati meno di 60 giorni.

Riscossione e privacy
Un cenno va fatto sul rapporto esistente tra il potere di pignoramento dei conti correnti conferito all’Agenzia delle Entrate-Riscossione e la violazione del diritto alla legge sulla privacy.
E’ evidente che con l’introduzione della disposizione in esame potranno essere acquisite informazioni sulla consistenza dei conti correnti e pertanto niente è nascosto al Fisco.
Ci si chiede se in tale circostanza sia leso il diritto alla privacy.
Sul punto la Corte di Cassazione con Sentenza 17203/2013 ha affermato che non sussiste alcuna violazione della privacy, nel momento in cui la società di riscossione richiede al terzo l’acquisizione dell’apposita dichiarazione al fine di conoscere l’importo delle somme. E ciò in quanto l’ente agisce sulla base di un potere conferito dalla legge.

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