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Cos’è la collazione?

15 Dicembre 2023
Cos’è la collazione?
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Con la collazione ereditaria vengono calcolate le donazioni che il defunto ha fatto in vita ai figli e al coniuge per verificare se sono state rispettate le quote di legittima.

La collazione è un termine legale che gioca un ruolo fondamentale nella divisione dell’eredità. Il suo scopo è evitare che una persona, quando è ancora in vita, faccia delle donazioni che possano ledere i diritti ereditari dei figli e del proprio coniuge, così violando le cosiddette “quote di legittima”, ossia quelle quote minime di patrimonio che spettano a questi ultimi soggetti.

In questo breve e pratico articolo vedremo cos’è la collazione e come funziona. Indicheremo chi sono gli eredi legittimari e come vengono tutelati i loro diritti. Ma procediamo con ordine.
Indice
Si può contestare una donazione fatta da una persona?
Che cos’è la collazione in ambito ereditario?
Come funziona la collazione?
Ma che succede se sono state violate le quote della legittima?
Come si può evitare discriminazioni di eredità tra i figli?
Quali sono le quote di legittima?
Si può contestare una donazione fatta da una persona?
Ipotizziamo il caso non infrequente di un genitore che intesti una casa a un figlio. Egli ha compiuto, in tal modo, una donazione. Finché il genitore è in vita, nessuno può contestare la donazione da questi effettuata (a meno che manchi l’atto notarile e la presenza di due testimoni, requisiti di forma previsti dalla legge a pena di nullità).

Con la morte del donante però le cose cambiano. Difatti, semmai questi non ha rispettato le regole sulla successione ereditaria, le donazioni da lui fatte in precedenza possono essere contestate. Ma quali sono queste regole? In realtà sono poche e semplici: la legge gli impone di lasciare al coniuge e ai figli (o, in assenza dei figli, ai genitori) una parte del proprio patrimonio. Questi soggetti vengono chiamati eredi legittimari perché hanno diritto alla cosiddettalegittima che è appunto tale quota minima.
È una regola vecchia come il codice civile, che trovava giustificazione in un’epoca in cui la famiglia veniva tutelata ad oltranza, volendosi evitare la disgregazione del relativo patrimonio.

Stabilire qual è la quota di legittima spettante agli eredi legittimari richiede innanzitutto una valutazione del complessivo patrimonio del defunto, non solo quello che questi ha lasciato alla sua morte, ma anche quello che di cui ha disposto quando ancora era vivo con atti di donazione.
Ebbene, proprio questo calcolo delle donazioni si chiama “collazione”. Cerchiamo di spiegarci meglio nei successivi paragrafi.

Che cos’è la collazione in ambito ereditario?
La parola collazione deriva dal latino colligere, ossia “raccogliere”, “radunare”. Che cosa viene radunato? La “raccolta” si riferisce a tutti i beni donati in vita dal defunto ai suoi eredi legittimari, ovvero coniuge e figli (o, in assenza dei figli, ai genitori). Viene così calcolato l’intero patrimonio del defunto per verificare se questi ha fatto discriminazioni. L’obiettivo della legge non è fare in modo che gli eredi abbiano tutti la stessa quota ma evitare che gli eredi legittimari vengano lesi nella parte che ad essi spetta per legge (ossia la legittima).

La collazione trae giustificazione da un ragionamento pratico: la legge presume che quando un genitore intesta la casa a un figlio (o un coniuge all’altro) lo faccia perché intende anticipare la divisione del proprio patrimonio rispetto alla propria morte. E di questa anticipazione chiaramente bisogna poi tenere conto per evitare che il donatario lamenti poi di essere stato pregiudicato con la successione.
Le donazioni sono quindi una sorta di anticipo della quota ereditaria.

Come funziona la collazione?
Quando gli avvocati parlano di collazione sono soliti dire che si tratta di un conferimento, alla massa ereditaria, di tutte le donazioni fatte dal defunto in vita. In realtà è solo un conferimento ideale: questo non significa che i donatari debbano materialmente restituire tutto ciò che hanno ricevuto a titolo di donazione. È una operazione puramente contabile che serve per calcolare in astratto il patrimonio del defunto e verificare se ci sono state violazioni della legittima.

La collazione scatta non già al momento della donazione ma alla morte del donante. Ipotizziamo il caso di un genitore che intesti una casa a un figlio: alla sua morte il valore di ciò che è stato donato viene conteggiato nel patrimonio ereditario per assicurare una distribuzione equa tra tutti gli eredi.

Facciamo l’esempio di Giulio, il quale durante la sua vita ha regalato al figlio Paolo una casa e al figlio Marco 30.000 euro in contanti. Al momento del suo decesso, lascia come eredi i figli Paolo, Marco e Francesco (quest’ultimo non aveva ricevuto nulla in vita dal padre). Il suo patrimonio residuo – ossia presente alla morte – che include due immobili e un conto bancario con un saldo di 60.000 euro. Supponiamo che Giulio non abbia redatto un testamento. In questo caso, entra in gioco la collazione. In pratica, Paolo dovrà considerare l’appartamento precedentemente ricevuto come parte dell’eredità, mentre Marco farà lo stesso con i 30.000 euro ricevuti. Così, l’eredità da suddividere includerà non solo i beni lasciati da Giulio al momento della sua morte (ossia i due immobili e il conto con 60mila euro), ma anche l’appartamento precedentemente intestato a Paolo e i 30mila euro già assegnati a Marco. Questo consentirà una divisione equa dell’eredità tra i tre fratelli.
Non tutto è così semplice. Spesso succede ad esempio che i beni donati al donatario vengano da questi venduti e se anche c’è stata una violazione della legittima, gli eredi lesi non possono più recuperare il bene, dovendosi soddisfare sul patrimonio del donante (a meno che non siano ancora decorsi 20 anni dalla donazione perché, se così fosse, potrebbero chiedere all’acquirente la restituzione dell’immobile).

Le complicazioni sorgono anche quando un bene donato, come un appartamento, viene nel frattempo ristrutturato dal donatario: ciò può complicare il corretto calcolo della collazione. Il valore aggiunto dalla ristrutturazione deve essere considerato nella valutazione del bene per la redistribuzione dell’eredità.

Ma che succede se sono state violate le quote della legittima?
Abbiamo visto che scopo della legittima è verificare se siano state violate le quote della legittima tramite donazioni fatte dal defunto quando ancora era in vita. Ma che succede se ciò è davvero avvenuto? Gli eredi legittimari – e solo questi – possono agire in tribunale con quella che tecnicamente viene chiamata azione di riduzione per lesione della legittima. Si tratta di una causa rivolta a ottenere una ridistribuzione del patrimonio ereditario. Essa può essere esercitata entro massimo 10 anni dalla morte. In tal modo è possibile non solo contestare la divisione fatta dal defunto con la morte e la distribuzione del suo patrimonio avvenuta tramite la successione ma anche, se ciò non dovesse essere sufficiente a soddisfare le quote di legittima, le donazioni fatte in vita. Si parte dalle ultime donazioni per poi risalire via via alle precedenti fin quando il legittimario leso non viene soddisfatto.

Come si può evitare discriminazioni di eredità tra i figli?
Per evitare complicazioni, è essenziale pianificare attentamente le donazioni, tenendo conto delle possibili implicazioni future della collazione. Una consulenza legale può essere preziosa per comprendere tutte le conseguenze. Ecco perché spesso ci si affida alla consulenza di un notaio. È comunque avere ben chiaro il valore complessivo dei propri beni e, in presenza di immobili, avvalersi se del caso della consulenza di un perito.

Quali sono le quote di legittima?
Il calcolo delle quote di legittima deve tenere conto di quanti eredi legittimari sono presenti al momento della successione e quindi varia in funzione del loro numero. Leggi sul punto Quando è la quota di legittima.

Una volta calcolata la quota della legittima – ossia la quota che deve necessariamente essere riservata al coniuge, ai figli e, in assenza di figli, ai genitori – l

Visto su: La legge per tutti

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