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Come si stipula un contratto a canone concordato.

11 Giugno 2018
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Come si stipula un contratto a canone concordato.

Il facsimile del modello obbligatorio, gli accordi obbligatori per l’importo e la durata dell’affitto e le agevolazioni fiscali per locatore e inquilino.

Avrai, sicuramente, sentito che quando si cerca o si mette una casa in affitto ci sono diverse possibilità di locazione: a canone libero, di natura transitoria, per studenti universitari, ecc. E poi c’è anche la locazione a canone concordato, in cui le parti hanno la possibilità di concordare, appunto, l’affitto tra un minimo ed un massimo in base agli accordi stabiliti a livello territoriale. Quello che, forse, non saprai è come si stipula un contratto a canone concordato, quali sono gli aspetti legali da rispettare affinché il contratto sia valido, se ci sono delle agevolazioni fiscali per locatore e locatario, se esiste una durata minima stabilita per poterlo sottoscrivere. Qui troverai la risposta a queste e altre domande su come si stipula un contratto a canone concordato.

Indice

1 Canone concordato: che cos’è
2 Canone concordato: quando è valido il contratto
3 Canone concordato: la durata del contratto
4 Canone concordato: l’importo dell’affitto
5 Canone concordato: le agevolazioni fiscali
5.1 Le agevolazioni fiscali per il proprietario
5.2 Le agevolazioni fiscali per l’inquilino
6 Canone concordato: il modello del contratto

Canone concordato: che cos’è

Il contratto a canone concordato, dunque, consente alle parti di stabilire il prezzo dell’affitto liberamente ma entro certi limiti: devono essere rispettati, infatti, un minimo ed un massimo oltre i quali il canone non sarà lecito. Queste soglie sono fissate da accordi territoriali sottoscritti a livello locale tra le organizzazioni della proprietà edilizia (Confedilizia, Confappi, Asspi ed altre) e quelle che maggiormente rappresentano gli inquilini (come Sunia, Sicet, Uniat, ecc.). Agli accordi partecipano anche le Onlus per difendere le esigenze abitative dei lavoratori immigrati. Gli accordi vengono depositati presso ogni Comune interessato e nelle rispettive Regioni e, a questo punto, diventano vincolanti.

Tra questi accordi spicca la Convenzione nazionale del 25 ottobre 2016, alla base di un successivo decreto ministeriale [1] che ha recepito le indicazioni ed i criteri per sottoscrivere intese a livello locale sulla stipula di un contratto a canone concordato.

Nel caso in cui non ci siano degli accordi territoriali sottoscritti nel Comune interessato, vengono applicate le condizioni dell’accordo in vigore nel Comune delle stesse dimensioni più vicino, anche se si trovasse in un’altra regione (pensiamo a chi vive al confine tra una regione ed un’altra).

Condizione indispensabile per scegliere questo tipo di contratto: che l’immobile da affittare abbia le stesse caratteristiche di quello che può essere messo in locazione con contratto a canone libero [2].
Canone concordato: quando è valido il contratto

Un contratto a canone concordato è valido solo se stipulato attraverso il modello unico predisposto per tutta l’Italia (che potete scaricare sotto). Questo modello detta le condizioni che locatore e locatario devono rispettare. Contiene anche le indicazioni sulla durata e sul canone pattuito tra le parti, secondo quanto stabilito dagli accordi territoriali. Se così non fosse, le condizioni riportate sul contratto non conformi alle intese raggiunte a livello locale verrebbero sostituite di diritto con quelle predisposte dalla legge e dagli accordi.

Affinché sia valido, il contratto a canone concordato deve riportare la ripartizione delle spese tra il proprietario dell’immobile e l’affittuario, stabilita dalle tabelle allegate alla legge legge [3] e facenti parte del contratto.

Il locatore deve registrare il contratto entro e non oltre 30 giorni dalla data in cui è stato stipulato. È tenuto, inoltre, ed entro i 60 giorni successivi alla registrazione, a darne comunicazione al locatario e all’amministrazione del condominio.
Canone concordato: la durata del contratto

Il contratto a canone concordato deve avere una durata minima di 3 anni. Il rinnovo avviene in automatico per un periodo di altri 2 anni, a meno di previa disdetta.

È importante rispettare questo termine, perché se il contratto riportasse una scadenza inferiore ai 3 anni la clausola sulla durata sarebbe nulla e verrebbe applicato in automatico quanto disposto dalla legge. Sarà nulla anche la clausola con cui l’inquilino rinunci al rinnovo automatico alla prima scadenza.

Quanto alla durata massima, gli accordi territoriali possono stabilire dei contratti più lunghi rispetto ai 3 anni, compensando con aumenti del canone concordato.
Canone concordato: l’importo dell’affitto

Anche sull’importo del canone concordato occorre tenere in considerazione gli accordi territoriali stipulati in materia, che fissano un limite minimo ed un limite massimo da rispettare a seconda della fascia in cui rientra l’immobile.

Come con la durata del contratto, anche per il canone viene considerata nulla la clausola che contenga un importo superiore al massimo stabilito dagli accordi. Quello che, invece, è consentito è pattuire tra le parti un canone inferiore al minimo stabilito.

L’importo del canone concordato può essere modificato solo su richiesta del locatore tramite lettera raccomandata, purché rispetti l’aggiornamento Istat relativo all’anno in cui ne fa richiesta. Non può chiedere, però, degli arretrati [4].

Ma come sapere in quale fascia di canone è inserito l’immobile affittato? I parametri sono due:

la collocazione dell’immobile in una determinata zona tra quelle in cui è suddiviso il Comune a seconda del valore immobiliare di ciascuno dei quartieri o degli isolati;
il pregio dell’immobile, cioè dell’edificio o del singolo appartamento, stabilito dal mercato in base alla collocazione nell’edificio (se si trova al piano terra o in un quarto piano senza ascensore), alle finiture, alla qualità degli impianti, ecc.

Questi parametri vengono, poi, corretti a seconda, ad esempio, se l’immobile è arredato oppure vuoto o delle dimensioni. Fattori che possono portare all’applicazione di una percentuale di incremento del canone concordato.

Altro elemento che può influire sull’importo del canone al momento di sottoscrivere gli accordi territoriali è quello della presenza di servizi e infrastrutture nelle vicinanze dell’immobile. Si parla, ad esempio, di fermate del trasporto pubblico, scuole, parchi o giardini, ambulatori, ecc.

Per quanto riguarda, invece, l’accordo tra le parti sull’importo del canone, e rispettando sempre il valore massimo e minimo sancito dagli accordi, si deve tenere conto anche di questi fattori:

la tipologia dell’alloggio;
lo stato di manutenzione dell’appartamento o dell’intero immobile;
le pertinenze dell’immobile (box, parcheggio esterno, cantina, ecc.);
gli spazi comuni (cortile, area verde, ecc.);
servizi tecnici (ascensore, riscaldamento centralizzato o autonomo, classe energetica, condizionatori d’aria, ecc.);
arredamento a disposizione.

Canone concordato: le agevolazioni fiscali

La disciplina fiscale del contratto a canone concordato è simile a quella relativa all’affitto a canone libero, con alcune differenze relative alla registrazione del contratto e al reddito del locatore. Ci sono delle agevolazioni sia per il proprietario della casa sia per l’inquilino.
Le agevolazioni fiscali per il proprietario

Per quanto riguarda la registrazione del contratto, si distinguono due possibilità:

che l’immobile sia affittato senza cedolare secca: in questo caso, si prevede un’agevolazione per la registrazione dei contratti che interessano immobili ubicati in Comuni ad alta tensione abitativa;
che l’immobile sia affittato con cedolare secca: in questo caso, non si devono pagare le imposte di registro e di bollo né in sede di registrazione né in caso di eventuale risoluzione anticipata del contratto. L’imposta di registro non è dovuta per tutta la durata della cedolare secca.

Per quel che riguarda, invece, il reddito del locatore:

se si tratta di una persona fisica che ha scelto la cedolare secca, viene applicata alla base imponibile l’aliquota ridotta del 10%;
se si tratta di una persona fisica che non ha scelto la cedolare secca, il reddito si determina in base alle regole ordinarie, cioè in misura pari al maggiore tra il canone risultante dal contratto ridotto del 5% ed il reddito catastale rivalutato del 5%. Se l’immobile si trova in un Comune ad alta tensione abitativa, si applica un’ulteriore deduzione forfettaria del 30% dal reddito imponibile;
se si tratta di una società o di una persona fisica che agisce nell’esercizio di impresa, arte o professione: il reddito da locazione rientra in quello di impresa o di professione.

Le agevolazioni fiscali per l’inquilino

Anche l’inquilino che abita in un immobile con contratto a canone concordato ha diritto ad alcune agevolazioni fiscali. In particolare:

gli inquilini di immobili adibiti ad abitazione principale con reddito complessivo fino a 15.493,71 euro hanno diritto ad una detrazione di 495,80 euro;
gli inquilini di immobili adibiti ad abitazione principale con reddito complessivo superiore a 15.493,71 euro ed inferiore a 30.987,41 euro hanno diritto ad una detrazione di 247,90 euro;
gli inquilini di immobili adibiti ad abitazione principale che abbiano un’età compresa tra 20 e 30 anni ed un reddito complessivo fino a 15.493,71 euro, hanno diritto ad una detrazione di 991,60 euro per i primi 3 anni;
gli inquilini studenti universitari iscritti presso una facoltà distante almeno 100 km dal Comune di residenza e, comunque, in una provincia diversa hanno diritto ad una detrazione del 19% su un importo massimo di 2.633 euro (pertanto, ad una detrazione massima di 500 euro);
i lavoratori dipendenti che hanno trasferito o trasferiscono la residenza nel Comune di lavoro nei 3 anni precedenti a quello di richiesta hanno diritto ad una detrazione di 991,60 euro per i primi 3 anni purché l’immobile sia adibito ad abitazione principale e si trovi ad almeno 100 km dalla residenza ed in una regione diversa. Questa detrazione spetta se il reddito complessivo del lavoratore non supera i 15.493,71 euro. Se, invece, il reddito è compreso tra 15.493,71 euro e 30.987,41 euro, la detrazione scende a 495,80 euro per i primi 3 anni.

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