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Come si dividono le spese del riscaldamento in condominio?

29 Ottobre 2021
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Bolletta del gas: come si ripartisce tra i condomini e quale deve essere la partecipazione dei condomini distaccatisi con un impianto autonomo.

Quando l’impianto del gas è comune a tutto l’edificio si pone il problema di come dividere le spese di riscaldamento in condominio. Sulla base di quali criteri l’amministratore deve ripartire le bollette tra i condomini?

La giurisprudenza, a riguardo, ha fornito delle importanti indicazioni. Sulla materia ha peraltro impattato notevolmente l’introduzione dell’obbligo di installazione dei cosiddetti contatori individuali di calore a seguito della quale la rilevazione dei consumi, e quindi la ripartizione dei costi dell’utenza, è divenuta più semplice e soprattutto più equa.

Seguendo l’insegnamento fornito dalla Cassazione, indicheremo qui di seguito come si dividono le spese del riscaldamento in condominio.

Indice

1 Ripartizione spese di riscaldamento e raffreddamento
2 Cosa deve pagare il condomino distaccato?
3 Come ripartire i consumi involontari
4 La ripartizione in bilancio
5 Contestazione della delibera di ripartizione delle spese

Ripartizione spese di riscaldamento e raffreddamento

L’interpretazione giurisprudenziale ha precisato che i costi dei consumi dell’impianto di riscaldamento e raffreddamento centralizzato possano ripartirsi in base ai millesimi delle singole unità immobiliari servite dal servizio, ma solo se mancano i contatori individuali del calore che ne consentano un riparto proporzionale all’uso [1]. Si tratta di un criterio legale di ripartizione delle spese di riscaldamento in base al consumo reale funzionale a collegare il vantaggio economico del risparmio energetico, conseguente alla minor richiesta di calore, solo in favore di chi decida di prelevare minor energia.

Dunque, la via principale deve essere quella dei contatori e, solo in subordine, quella relativa ai millesimi.

Sono illegittimi i criteri di divisione delle spese sulla base dei consumi presunti.

Ricordiamo che l’installazione dei sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore è stata resa obbligatoria dal Dlgs 102/2014. Tuttavia, la legge prevede la possibilità che alcuni edifici non ne siano dotati. Ciò succede tutte le volte in cui l’uso dei contatori non sia tecnicamente possibile o non sia efficiente in termini di costi e proporzionato rispetto ai risparmi energetici potenziali. A tal fine, però, è necessaria una relazione tecnica di un progettista. Diversamente ,ogni singolo condòmino è soggetto a una sanzione amministrativa da 500 a 2.500 euro.

Su tutto questo però il regolamento di condominio, se approvato all’unanimità, può disporre un diverso criterio di ripartizione delle spese di riscaldamento.

Come chiarito dalla Corte di appello di Milano [2], le spese del riscaldamento centralizzato in un condominio, ove sia stato adottato un sistema di contabilizzazione del calore, devono essere ripartite in base al consumo effettivamente registrato, risultando perciò illegittima una suddivisione di tali oneri operata, sebbene in parte, alla stregua dei valori millesimali delle singole unità immobiliari, né possono a tal fine rilevare i diversi criteri di riparto dettati da una delibera di giunta regionale, che pur richiami specifiche tecniche a base volontaria, in quanto atto amministrativo comunque inidoneo ad incidere sul rapporto civilistico tra condomini e condominio.
Cosa deve pagare il condomino distaccato?

Nel calcolo dei consumi del gas sono esclusi i condomini che si siano dotati di un impianto autonomo, ossia i cosiddetti “distaccati”. Questi ultimi però continuano a concorrere alle spese per la manutenzione straordinaria, per la sostituzione dell’impianto o di componenti dell’impianto, e per i cosiddetti consumi involontari. L’impianto resta infatti di loro proprietà secondo la rispettiva quota millesimale e nulla esclude che, un domani, possano dismettere l’impianto autonomo per ritornare a quello centralizzato.
Come ripartire i consumi involontari

I consumi involontari sono quei costi sostenuti a causa della dispersione di calore in un impianto di riscaldamento centralizzato. Si chiamano involontari perché non dipendono dal consumo energetico specifico di ogni singola unità immobiliare. Spesso, li si chiama «costi fissi» proprio perché prescindono dal consumo effettivo del combustibile fatto dal singolo condòmino.

Il calcolo del consumo involontario può avvenire in due modi:

analitico: le dispersioni delle colonne vengono stabilite da un calcolo termotecnico;
semplificato: viene utilizzato un valore determinato dal prodotto tra un coefficiente, che dipende dalla tipologia dell’impianto, e il fabbisogno ideale di energia termica utile dell’edificio.

La ripartizione in bilancio

In base all’articolo 9, comma 5, lettera d) del Dlgs 102/2014 se i condòmini o gli edifici polifunzionali risultano alimentati da teleriscaldamento, teleraffreddamento, sistemi comuni di riscaldamento o raffreddamento, per la corretta suddivisione delle spese di consumo di calore per il riscaldamento si deve far riferimento alla norma tecnica UNI 10200 e alle successive modifiche.

Ove tale norma non sia applicabile o siano comprovate differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità superiori al 50%, è possibile dividere l’importo attribuendo una quota di almeno il 70% agli effettivi prelievi volontari di energia termica. In tal caso, le somme rimanenti possono ripartirsi secondo millesimi, metri quadri, metri cubi utili o potenze installate. È fatta salva la possibilità, per la prima stagione termica successiva all’installazione dei dispositivi, che la suddivisione si determini in base ai soli millesimi di proprietà. Disposizioni facoltative nei condomìni o edifici polifunzionali ove alla data di entrata in vigore del decreto siano stati già installati tali dispositivi e si sia già provveduto alla relativa divisione dei costi.
Contestazione della delibera di ripartizione delle spese

Sono nulle le delibere adottate in violazione dei criteri di legge o fissati dal regolamento sulla ripartizione delle spese. La nullità implica (a differenza dell’annullabilità) il diritto di contestare e impugnare la delibera anche oltre l’ordinario termine di decadenza di 30 giorni dalla votazione dell’assemblea. Pertanto, il giudizio può essere intentato in qualsiasi momento.

Il condomino che intenda impugnare una delibera dell’assemblea, per l’assunta erroneità della disposta ripartizione delle spese, deve dimostrare di avervi interesse, interesse che presuppone la derivazione dalla detta deliberazione di un apprezzabile pregiudizio personale, in termini di mutamento della sua posizione patrimoniale.

Visto su : La legge per tutti

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