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Come funziona la divisione di un’eredità.

14 Settembre 2023
Come funziona la divisione di un’eredità.
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La successione legittima e testamentaria, le quote di legittima e la divisione della comunione: tutte le regole sull’eredità.

Non a tutti è chiaro come funziona la divisione di un’eredità. Non c’è da meravigliarsi. Le regole che disciplinano la materia sono numerose e spesso contorte. In più la legge usa spesso parole dotate di un certo tecnicismo come: successione legittima, testamentaria, eredi legittimari, quota disponibile, ecc. Inoltre è spesso necessario fare complessi calcoli per stabilire se la divisione del patrimonio è avvenuta secondo le regole imposte dalla legge o con lesione dei diritti di uno dei familiari più stretti.

In questo breve articolo forniremo una disamina generale delle norme più importanti che insegnano come si divide un’eredità, come si tutelano gli eredi legittimari e quali sono le quote che non possono essere loro negate. Ma procediamo con ordine.

Successione legittima o testamentaria
Quota disponibile e quota riservata ai legittimari
Come si calcola la legittima?
La comunione ereditaria
I legati e i diritti della persona convivente

Successione legittima o testamentaria
La legge lascia libero ogni cittadino di scegliere se fare testamento o meno. In assenza di esso, la successione viene regolata dalla legge (cosiddetta successione legittima). In particolare le disposizioni del codice civile ripartiscono il patrimonio del defunto tra i suoi parenti più stretti, quelli fino al sesto grado, presumendo che questi avrebbe lasciato loro i propri beni se avesse potuto farlo. La presenza di familiari più stretti esclude dalla divisione tutti gli altri (ad esempio, se c’è il coniuge e i figli, i fratelli e i genitori non hanno diritto a nulla). Leggi Come dividere l’eredità senza testamento.

Invece, in presenza del testamento si procede alla divisione secondo tale documento (cosiddetta successione testamentaria).

Gran parte delle eredità vengono divise secondo la successione legittima. Ma non sempre il testamento manca perché la morte arriva all’improvviso. Spesso non ce n’è alcun bisogno quando la divisione del patrimonio, per come regolata dal codice civile, coincide con le volontà del defunto.

Si pensi a un uomo sposato con due figli che voglia lasciare i propri beni alla moglie e ai ragazzi. Egli non ha alcun bisogno di fare testamento poiché già sa che la legge ripartirà i suoi averi tra tali soggetti. Il testamento sarà necessario se il testatore vuole attribuire uno specifico bene a un erede particolare o se vuol nominare eredi anche altri soggetti, ad esempio un fratello, un cugino, un amico, un’associazione di beneficienza e così via.

Quota disponibile e quota riservata ai legittimari
Attenzione però: il testamento può disporre solo della cosiddetta “quota disponibile”, ossia di ciò che resta del patrimonio una volta soddisfatte le quote spettanti agli eredi legittimari, coloro cioè che, per legge, hanno sempre diritto a una parte dell’eredità.

Tali soggetti sono:

il coniuge;
i figli;
gli ascendenti solo in assenza dei figli.
Leggi Quali sono le quote degli eredi legittimari.

Costoro non possono quindi essere diseredati, né il testatore può lasciare loro una parte del proprio patrimonio inferiore alla quota di legittima. Diversamente è concessa loro l’azione di riduzione per lesione della legittima. Essa serve a recuperare quanto spettante ai legittimari. Tale causa può essere intrapresa entro 10 anni dall’apertura della successione (ossia dal decesso).

L’azione di riduzione è rivolta non solo a contestare le disposizioni testamentarie ma anche le eventuali donazioni fatte dal defunto nel corso della propria vita se abbiano depauperato il suo patrimonio.

Si pensi a un padre che, con una serie di donazioni, abbia lasciato buona parte del suo patrimonio a un solo figlio, privando gli altri e il coniuge delle quote di legittima. Questi ultimi potrebbero non solo contestare la divisione testamentaria ma aggredire anche le donazioni, dall’ultima alla prima, per recuperare le proprie quote.

Se uno dei donatari ha ceduto il bene a terzi, l’erede può recuperare il bene anche dal terzo in buona fede che ne abbia pagato il prezzo purché non siano trascorsi più di 20 anni dalla donazione. Proprio tale possibilità induce le banche a non finanziare l’acquisto di beni provenienti da donazioni. Ed ecco perché i notai sconsigliano la donazione.

Come si calcola la legittima?
La legittima si calcola nel seguente modo: si somma il valore di tutte le donazioni che il defunto ha disposto in vita e (dopo aver sottratto gli eventuali debiti lasciati dal defunto stesso agli eredi) si aggiunge il valore del patrimonio intestato al defunto al momento del decesso. Sul risultato di tale calcolo si applicano le quote che la legge riserva ai legittimari.

Esempio: Nel caso di cinque figli, la legittima è di 4/30 per ciascun figlio, per un totale di 20/30. I restanti 10/30 rappresentano la quota disponibile, cioè, la parte di valore dell’eredità che il de cuius può lasciare a chi vuole (parenti, persone estranee alla famiglia, enti non profit eccetera).

Quindi, chi vuole favorire un figlio rispetto agli altri deve lasciare almeno la “legittima” a ciascuno dei figli e lasciare la “disponibile” a favore dei figli che intende privilegiare.

La comunione ereditaria
Se il testatore non provvede, nel proprio testamento, a dividere i beni tra i vari eredi, sugli stessi si forma una comunione ereditaria. Si pensi al padre che, senza diversamente disporre, stabilisce che la propria casa vada ai suoi tre figli: ciascuno di questi acquisirà la proprietà del 33% sull’intero bene, fino a quando non interverrà la divisione tra i fratelli. La divisione può essere effettuata con accordo (nella forma di un contratto) o, in assenza di intesa, dal giudice su ricorso anche di un solo erede.

Si pensi al caso di tre fratelli che abbiano ereditato la stessa casa. Uno di questi vorrebbe venderla mentre gli altri preferiscono mantenerne la proprietà pur senza voler acquistare la quota del predetto fratello. Quest’ultimo può rivolgersi al tribunale affinché disponga la divisione della comunione. In che modo? Verificando prima se il bene è divisibile in natura e, in caso contrario, in assenza della volontà dei comproprietari di acquistare le quote degli altri, mettendolo in vendita all’asta.

Leggi Cosa fare se un erede si rifiuta di vendere casa

I legati e i diritti della persona convivente
Se il testamento attribuisce all’erede una quota dell’intero patrimonio, si parla invece di legato quando il defunto attribuisce uno specifico bene a un soggetto determinato. Il legatario può anche essere un erede o un estraneo alla cerchia degli eredi.

Nel caso della persona convivente non sposata, l’attribuzione di un legato (e, quindi, la confezione di un testamento) è uno dei metodi per attribuire diritti ereditari a un soggetto che altrimenti, se non fosse beneficiario di un testamento, non percepirebbe nulla.

Infatti, la legge riconosce diritti ereditari ai parenti del defunto nonché al coniuge del defunto (nel matrimonio tradizionale) e alla persona che con il defunto abbia stipulato una unione civile (omossessuale). Nessun diritto ereditario sorge da un rapporto (eterosessuale od omosessuale) di convivenza, né se si tratta di convivenza registrata all’anagrafe comunale né tantomeno se si tratta di convivenza “di fatto”. Quindi, il convivente superstite non è compreso tra gli eredi legittimi (e cioè coloro che ereditano in assenza di testamento) né tra i legittimari (coloro cui è necessariamente riservata una quota di eredità, la “legittima”).

Pertanto, se il de cuius vuole beneficiare il convivente, deve farlo mediante donazioni in vita o mediante testamento (senza però violare la quota di legittima dovuta ai suoi legittimari). Qualora, dunque, il de cuius intenda provvedere mediante testamento, può disporre a favore della persona convivente, istituendola erede in una quota di eredità o lasciandole un legato.

Ma in quest’ultimo caso occorre molta attenzione al fatto che la quota di legittima (quella, ad esempio, spettante a un figlio del defunto), non può in nessun caso essere gravata da legati, poiché la legge lo vieta in ragione dell’assoluta intangibilità della legittima. In altre parole, non si può scrivere: «lascio a mio figlio Tizio la quota di legittima e gli impongo di pagare un legato di 100 a favore della mia convivente Caia». Nulla beninteso impedisce al figlio Tizio di adempiere il legato (prestando ossequio alla volontà del testatore), ma egli, d’altro canto, potrebbe eccepire la nullità del legato a suo carico e rifiutarsi di adempierlo.

 

Visto su: La legge per tutti

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