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Come contestare la ripartizione delle spese condominiali?

27 Febbraio 2023
Come contestare la ripartizione delle spese condominiali?
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Contestare le spese condominiali, ordinarie o straordinarie: i termini per impugnare la delibera dell’assemblea condominiale e l’opposizione a decreto ingiuntivo.

Tutte le volte in cui un condomino intende contestare la ripartizione delle spese condominiali deve fare molta attenzione ai tempi: difatti la legge stabilisce un termine massimo di 30 giorni, dalla delibera dell’assemblea, entro cui agire, presentando ricorso in tribunale. Molto spesso, invece, il condomino dissenziente decide di fare causa solo quando riceve il decreto ingiuntivo per il mancato pagamento delle spese ordinarie o straordinarie. Una mossa errata perché ormai tardiva.

C’è però un solo caso in cui è possibile contestare la delibera dell’assemblea anche oltre i 30 giorni (e dunque facendo opposizione al decreto ingiuntivo): quando quest’ultima non si limita a violare le regole millesimali per un singolo bilancio ma intende modificarle anche per il futuro.

Di tanto parleremo più dettagliatamente in questa guida. Spiegheremo cioè come contestare la ripartizione delle spese condominiali tenendo conto delle regole e delle procedure che la legge impone.

Indice

1 Come vanno ripartite le spese condominiali?
2 Come contestare la ripartizione delle spese condominiali?
3 Che succede se il condominio notifica un decreto ingiuntivo?
4 La giurisprudenza sulla contestazione della ripartizione delle spese condominiali

Come vanno ripartite le spese condominiali?

L’articolo 1123 del codice civile è la norma base per comprendere come vanno ripartite le spese condominiali, sia quelle ordinarie che straordinarie.

La norma fissa tre diverse regole che non possono mai essere violate, salvo si raggiunga l’unanimità in assemblea.

Di base, le spese condominiali devono essere ripartite in base ai millesimi. Devono partecipare tutti i condomini, anche quelli che non usano uno specifico servizio o area. Conta infatti l’uso potenziale, non quello effettivo. Così un condomino che fa le scale a piedi deve partecipare alle spese per l’ascensore. Ed allo stesso modo, chi ha un negozio sul piano terra deve pagare la pulizia degli altri pianerottoli essendo parti comuni e quindi appartenenti a tutti.

La seconda regola prevede un temperamento alla prima. Le spese che riguardano cose di cui alcuni condomini si servono di più degli altri, la ripartizione deve tenere conto di ciò e quindi imporre ad alcuni un carico superiore. Così, ad esempio, chi vive all’ultimo piano pagherà un contributo superiore per l’ascensore rispetto a chi vive al primo piano. E chi ha un appartamento più ampio pagherà di più di riscaldamento rispetto a chi ha un monolocale.

La terza regola riguarda i condomini composti da più scale, più edifici, più cortili, più tetti o terrazzi. In questi casi, le spese riguardanti la loro manutenzione sono a carico dei soli condomini che ne traggono beneficio. Ad esempio, in un immobile con due scale, la riparazione dell’ascensore è a carico solo dei condomini che ne sono serviti.
Come contestare la ripartizione delle spese condominiali?

La delibera dell’assemblea che viola le tre regole appena dette è annullabile. Il che significa che il condomino che voglia contestarla deve conferire al più presto mandato a un avvocato affinché:

esperisca prima un tentativo di mediazione (obbligatorio) con la controparte: lo scopo è tentare un accordo con il condominio, rappresentato dall’amministratore;
in caso di fallimento della mediazione, si rivolga al giudice e chieda l’annullamento della delibera.

La richiesta di mediazione deve essere presentata al più presto perché la legge fissa un termine di 30 giorni per contestare la delibera: termine previsto a pena di decadenza dell’azione. I 30 giorni decorrono, per gli astenuti e i dissenzienti, dalla delibera stessa mentre, per gli assenti, da quando è stato comunicato loro il verbale.

Entro il trentesimo giorno, l’organismo di mediazione deve aver comunicato al condominio la richiesta di conciliazione presentata dal condomino ricorrente.

Il mancato rispetto di tali termini determina una sanatoria della delibera benché viziata, che pertanto non potrà più essere contestata, neanche in un momento successivo (ad esempio in caso di notifica di un decreto ingiuntivo per mancato pagamento delle spese condominiali).

Prima di conferire mandato all’avvocato si può anche tentare la via della trattativa: inviare una lettera raccomandata a/r o una Pec all’amministratore in cui gli si fa presente il vizio della delibera per violazione dei millesimi.

Cosa deve fare il condominio per difendersi? Innanzitutto l’amministratore deve nominare al più presto un avvocato di propria fiducia affinché lo rappresenti presso l’organismo di mediazione. Lo può fare senza previa autorizzazione dell’assemblea a cui però successivamente dovrà presentare l’eventuale bozza di accordo per l’approvazione.

Il condominio però potrebbe evitare il giudizio annullando la delibera con una delibera successiva. Questa mossa chiuderebbe il processo.

È bene comunque ricordare che la delibera che approvi la ripartizione delle spese all’unanimità è sempre valida, anche se viola i criteri millesimali che abbiamo visto prima.
Che succede se il condominio notifica un decreto ingiuntivo?

Spesso succede che la delibera di ripartizione delle spese condominiali venga contestata dal condomino solo quando questi riceve il decreto ingiuntivo per non aver pagato le proprie quote.

In tal caso, secondo la Cassazione a Sezioni Unite [1], l’opposizione è tardiva. Il condomino infatti non può contestare il decreto ingiuntivo se prima non ha contestato la delibera condominiale nei 30 giorni previsti dalla legge.

C’è un solo caso in cui al condomino è consentito opporsi al decreto ingiuntivo pur non avendo prima impugnato la votazione dell’assemblea: quando questa decide una ripartizione delle spese diversa dai millesimi non solo per un singolo esercizio, ma anche per il futuro. Ciò perché, in tal caso, il vizio dedotto è molto più grave: si parla a riguardo di nullità della delibera e non di semplice annullabilità.

È proprio sulla differenza di questi due concetti che si basa – come vedremo qui sotto – l’orientamento della giurisprudenza:

l’annullabilità, che scatta quando la delibera approva una ripartizione delle spese in violazione dei millesimi, deve essere contestata entro massimo 30 giorni e non può quindi essere messa in discussione con l’opposizione a decreto ingiuntivo;
la nullità, che scatta invece quando l’assemblea modifica definitivamente i criteri di riparto delle spese, può essere contestata senza dover rispettare il termine di 30 giorni, e dunque anche con l’opposizione a decreto ingiuntivo.

La giurisprudenza sulla contestazione della ripartizione delle spese condominiali

Quanto appena spiegato è stato ribadito da una recente pronuncia del tribunale di Roma [2] che, sul punto, richiama l’orientamento della Cassazione in materia. Come anticipato sopra, le Sezioni unite [1] hanno chiarito che «in tema di deliberazioni dell’assemblea condominiale, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell’assemblea»; mentre, sono «meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condòmini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate senza modificare i criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione, ma in violazione degli stessi».

Visto su : La legge per Tutti

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