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Cessione di contratto preliminare compravendita immobiliare.

21 Aprile 2021
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Cessione di contratto preliminare compravendita immobiliare.

Il compromesso è cedibile se il venditore lo consente; l’originario acquirente resta obbligato per inadempimenti e danni.

Hai firmato un contratto preliminare per acquistare un appartamento ma vorresti cederlo, trasferendo il diritto di acquisto in favore di un altro soggetto. Sarà lui, non più tu, a stipulare il contratto definitivo di compravendita, diventando proprietario dell’immobile. Lo puoi fare?

La cessione di contratto preliminare di compravendita immobiliare è possibile. La legge la ammette come perfettamente valida, a condizione di rispettare i semplici adempimenti che ti descriveremo. Innanzitutto il venditore deve essere d’accordo alla sostituzione del compratore. Inoltre, se il compromesso era stato già registrato, bisogna riportare la modifica che è intervenuta ed è opportuno anche trascriverla nei registri immobiliari, per maggiore garanzia.

 

Devi anche sapere che cedere il contratto preliminare non ti esime dalla responsabilità risarcitoria, se l’immobile dovesse avere caratteristiche diverse da quelle promesse. In quel caso l’acquirente potrà proporre domanda di risarcimento danni anche nei tuoi confronti, come ha affermato una recente sentenza della Corte di Cassazione [1].

Perciò la cessione del contratto preliminare di compravendita immobiliare non è un escamotage per toglierti dai guai, se per esempio tu scoprissi che l’appartamento ha dei gravi difetti e volessi rifilarlo a un altro malcapitato. Rimani sempre tu, insieme al venditore ed eventualmente all’agenzia immobiliare, il garante delle qualità del bene nei confronti dell’acquirente.

Indice

1 Il contratto preliminare
2 Contratto preliminare: registrazione e trascrizione
3 Contratto preliminare: rimedi contro l’inadempimento
4 Cessione del contratto preliminare di compravendita immobiliare
5 Contratto preliminare ceduto e vizi dell’immobile: cosa fare

Il contratto preliminare

Il contratto preliminare – comunemente chiamato “compromesso” – obbliga le parti a concludere un futuro contratto definitivo, alle condizioni stabilite: il bene da vendere, il prezzo ed il termine. L’impegno vincola sia il promissario venditore sia il promissario acquirente.

Quando il contratto preliminare ha per oggetto la cessione di beni immobili, deve essere stipulato nella stessa forma prevista per il contratto definitivo [2], dunque per iscritto e nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata.
Contratto preliminare: registrazione e trascrizione

Per legge [3] il contratto preliminare deve essere registrato entro 20 giorni dalla sottoscrizione (30 giorni se è stato stipulato dal notaio). Una volta registrato, esso può essere trascritto nei pubblici registri immobiliari. Questo adempimento è molto utile per “fermare” efficacemente l’affare: a trascrizione avvenuta il venditore non potrà più, ad esempio, vendere lo stesso immobile ad altri. Per sapere come fare leggi “Come registrare e trascrivere un compromesso“.

È quindi interesse dell’acquirente registrare e trascrivere il contratto preliminare. Inoltre l’imposta di registro da pagare viene anticipata sul conto della maggior somma da versare sull’intera compravendita quando sarà stipulato il contratto definitivo, perciò non si tratta di una tassa aggiuntiva (per approfondire leggi “Contratto preliminare: tassazione”).
Contratto preliminare: rimedi contro l’inadempimento

Se una delle parti non adempie a quanto stabilito nel contratto preliminare, la controparte ha due alternative:

chiedere al giudice una sentenza che produrrà gli stessi effetti del contratto non concluso: così si otterrà il trasferimento di proprietà dell’immobile. È un’esecuzione in forma specifica che permette di ottenere il medesimo risultato previsto nel contratto inadempiuto;
chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento: le parti saranno sciolte dal vincolo e l’eventuale caparra versata andrà restituita, nel doppio dell’importo. Si può anche chiedere la condanna della parte inadempiente al risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’inadempimento, come quelli derivanti dalla mancata disponibilità dell’immobile.

Cessione del contratto preliminare di compravendita immobiliare

Il contratto preliminare di compravendita immobiliare può essere ceduto ad un terzo soggetto, per farlo subentrare nel ruolo di acquirente. Una volta perfezionata la cessione sarà lui a stipulare il contratto definitivo con il venditore (o a sollevare i rimedi contro l’inadempimento).

La legge [4] ammette questa possibilità, disponendo che «ciascuna parte può sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni corrispettive, se queste non sono state ancora eseguite, purché l’altra parte vi consenta».

Dunque è indispensabile il consenso del venditore: deve accettare che la parte subentrante diventi il promissario acquirente del contratto e si sostituisca al cedente in tutti i diritti ed obblighi derivanti dal preliminare, a meno che nell’atto di cessione non sia pattuita la sua espressa liberazione [5]. In alcuni casi, ma è raro, il venditore esprime il proprio consenso alla cessione già in sede di stipula del contratto preliminare.
Contratto preliminare ceduto e vizi dell’immobile: cosa fare

Quando si è perfezionata la cessione del contratto preliminare, la compravendita definitiva dovrà essere conclusa tra il venditore ed il nuovo acquirente. Può accadere che quest’ultimo si accorga della presenza di vizi dell’immobile, che potrebbe avere caratteristiche diverse da quelle indicate, e dunque promesse, nel contratto preliminare.

Se ciò si verifica l’acquirente ha azione sia contro il venditore sia contro colui che gli ha ceduto il contratto per essere risarcito. Infatti il Codice civile [6] prevede che il cedente è tenuto a garantire la validità del contratto. Inoltre, se egli assume la garanzia dell’adempimento del contratto, risponde nei confronti dell’acquirente «come un fideiussore per le obbligazioni del contraente ceduto».

Nel recente caso deciso dalla Cassazione [1] l’acquirente aveva scoperto che la destinazione d’uso dell’immobile era diversa (uso industriale ed artigianale anziché residenziale come promesso), mancava l’abitabilità ed inoltre una cantina indicata nel contratto era inesistente. Perciò la Suprema Corte ha dichiarato la risoluzione del contratto e ha condannato entrambi alla restituzione del doppio della caparra versata in vista dell’acquisto, più il risarcimento dei danni subiti a causa del mancato acquisto.

 

Autore: Paolo Remer

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