€ 0 a € 2.000.000

Altri filtri
Ricerca Avanzata

€ 0 a € 1.000.000

Altri filtri
Risultati della ricerca

Buona fede nella compravendita immobiliare: cosa si intende?

28 Novembre 2022
Comments:0

I comportamenti che le parti devono osservare durante le trattative per l’acquisto di una casa. Cosa si rischia per un atteggiamento scorretto.

Uno dei princìpi fondamentali alla base di ogni contratto è quello della buona fede. È quella che una volta veniva tacitamente espressa con la mitica stretta di mano, che bastava a siglare un accordo e a impegnarsi a rispettare la parola data. I tempi sono cambiati e ora bisogna mettere tutto nero su bianco, perché «oggi andiamo d’accordo ma domani chi lo sa». E la buona fede è passata da essere una questione di onore ad essere una questione legale. La normativa, infatti, impone che qualsiasi tipo di contratto si regoli su questo concetto, pena la nullità. A maggior ragione, quando si deve fare un investimento importante, come l’acquisto di una casa. Ma per buona fede nella compravendita immobiliare, cosa si intende?

In questo contesto, la buona fede deve essere rispettata soprattutto nella prima fase, quella relativa alla trattativa che porterà, eventualmente, al preliminare di acquisto e, successivamente, al rogito davanti al notaio. Il Codice civile è piuttosto esplicito: «Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede» [1]. Vediamo come si inserisce questa norma nella compravendita immobiliare.

 

Indice

1 Buona fede: che cosa significa?
2 La buona fede nel recesso dalle trattative per la compravendita immobiliare
3 La buona fede nella validità del contratto di compravendita
4 Gli altri obblighi di buona fede nella compravendita immobiliare
5 Cosa rischia chi viola la buona fede nella compravendita immobiliare?

Buona fede: che cosa significa?

Quando si deve stipulare un contratto, in questo caso per una compravendita immobiliare, le parti devono agire secondo la buona fede. Significa che devono agire con correttezza e lealtà, osservare alcuni obblighi e seguire determinati comportamenti individuati dalla giurisprudenza. In particolare, devono:

tutelare l’affidamento della controparte nella conclusione delle trattative;
non recedere senza giustificato motivo;
osservare obblighi di comunicazione, informazione, riservatezza, chiarezza, custodia e protezione del bene;
evitare di avviare delle trattative parallele o prolungarle eccessivamente senza giustificato motivo.

La buona fede non viene rispettata, ad esempio, quando le trattative per la compravendita di un immobile giungono ad un punto tale da far pensare a una delle parti nella conclusione positiva dell’affare e la controparte decide di interromperle senza una valida motivazione, magari perché all’ultimo momento si è inserito qualche altro aspirante compratore che ha fatto un’offerta migliore o perché c’è chi vende una casa simile ad un prezzo più vantaggioso. Si tratta di un atteggiamento contrario al citato «affidamento della controparte nella conclusione delle trattative».
La buona fede nel recesso dalle trattative per la compravendita immobiliare

Esiste, secondo la giurisprudenza, un legittimo affidamento della controparte se:

le parti prendono in considerazione gli elementi essenziali del contratto che intendono stipulare;
alla formazione del contratto manca solo la redazione in forma scritta, necessaria per la validità dell’accordo;
si sono raggiunte intese su alcuni punti o eventuali accordi parziali, anche di carattere provvisorio.

Viceversa, l’affidamento non è legittimo se:

un affare sfuma dopo le battute iniziali della trattativa fra le parti;
una parte ha il convincimento soggettivo che il contratto si perfezionerà;
le parti hanno definito solo prezzo e oggetto del contratto di vendita immobiliare ma non ci sono altri elementi che garantiscano il progredire delle trattative verso l’accordo finale.

Abbandonare le trattative non ha una giustificazione non solo quando non viene osservata la buona fede ma anche quando, senza farlo apposta, c’è un comportamento contrario alle aspettative della controparte che, confidando nella conclusione del contratto, ha sostenuto delle spese o ha rinunciato ad occasioni più favorevoli.

Del recesso dalle trattative nessuno si deve prendere la responsabilità solo se si dimostra che c’è un giustificato motivo per non portare a termine l’affare. Ad esempio, nella compravendita immobiliare possono essere riscontrati:

vincoli sugli immobili (come un’ipoteca);
abusi edilizi;
morosità dell’inquilino che abita in quell’immobile;
contenziosi per rapporti difficili con il vicinato o per mancati pagamenti;
nuove richieste giuridiche o economiche da una delle parti;
l’intenzione dell’altra parte di pregiudicare diritti precedentemente costituiti a favore di altro soggetto riguardo allo stesso bene.

Non giustifica, invece, il recesso:

la scoperta di una servitù di passaggio (di cavi, antenne, ecc.);
una circostanza già nota prima di iniziare le trattative;
una diversa valutazione circa la convenienza dell’affare.

La buona fede nella validità del contratto di compravendita

Nella compravendita immobiliare, la buona fede impone alla parte che conosce (o dovrebbe conoscere secondo l’ordinaria diligenza) l’esistenza di una causa d’invalidità del contratto per il quale sono in corso le trattative di darne avviso all’altra parte.

Quest’obbligo riguarda anche:

le eventuali violazioni di legge;
la possibile esistenza di una circostanza che possa far verificare una condizione risolutiva;
le circostanze che rendono il contratto inefficace (ad esempio se manca un’autorizzazione amministrativa o la legittimazione negoziale del contraente) o inutile.

La parte deve effettuare la comunicazione in un tempo ragionevolmente breve ed in qualsiasi modo (verbale o scritto).

Sempre secondo la buona fede, e oltre a quanto appena elencato, il venditore dell’immobile ha il dovere di informare l’acquirente sulla situazione urbanistica e catastale della casa, lo stato locativo e le eventuali morosità o contestazioni da parte dell’inquilino, l’esistenza di contenziosi sull’immobile o procedure esecutive correnti ed un’eventuale variante del piano regolatore che modifica la destinazione dell’immobile oggetto del contratto.
Gli altri obblighi di buona fede nella compravendita immobiliare

La buona fede nella compravendita immobiliare presuppone questi altri doveri:

l’obbligo di riservatezza: le parti sono tenute a mantenere verso terzi la segretezza sull’accordo in preparazione o su notizie riservate di cui siano a conoscenza a causa della negoziazione e che non provengano da fonti pubbliche;
l’obbligo di chiarezza: nella formazione del contratto e nelle trattative, le parti devono usare un linguaggio comprensibile al fine di evitare l’ingiusto vantaggio di chi successivamente, pretenda di attribuire all’accordo un significato diverso da quello percepito dall’altro contraente;
l’obbligo di tutelare le aspettative della controparte.

Cosa rischia chi viola la buona fede nella compravendita immobiliare?

La parte che viola uno degli obblighi di buona fede nella compravendita immobiliare può essere chiamata in giudizio dalla controparte per il risarcimento dei danni a titolo di responsabilità precontrattuale. Quest’ultima presuppone che il contratto non sia stato concluso o comunque non validamente concluso come nel caso più diffuso di violazione dell’obbligo di buona fede per recesso ingiustificato dalle trattative.

Per ottenere il risarcimento del danno, la parte lesa deve rivolgersi al tribunale competente con un atto di citazione della controparte, dimostrando che il convenuto ha violato gli obblighi di buona fede. Il diritto al risarcimento si prescrive in cinque anni (Cass. 11 maggio 1990 n. 4051).

Visto su : La legge perr tutti

Share

Scrivici, ti rispondiamo presto!

Rimaniamo in contatto

    confrontare